Imprigionati da oltre due lunghissimi infiniti mesi nel cavernoso e buio ventre di due ex-navi cargo disperse nel Mediterraneo, se ne stanno 2.600 bovini, bestie che non hanno alcuna familiarità con il mare e i suoi moti tumultuosi. Il loro viaggiò cominciò quando furono costretti a lasciare le stalle per salire sui camion, varcando le frontiere di diversi Stati e giungendo infine in Spagna, dove gli animali sono stati imbarcati allo scopo di essere trasportati in Libia e in Turchia e macellati. Ma qualcosa è andato storto: il viaggio, che avrebbe dovuto durare soltanto qualche giorno, non è mai terminato, dato che i Paesi di destinazione hanno respinto il carico per presunte malattie dei mammiferi a bordo.
Dunque i bovini, ormai stremati, sopportano condizioni incompatibili con la loro natura da quasi tre mesi, respirando notte e giorno, giorno e notte, l’odore dei motori e ascoltandone l’incessante e spaventoso stridore, simile ad un urlo rabbioso. Senza scampo. Senza via d’uscita. Senza salvezza. E nelle giornate in cui lo sconfinato mare si fa burrascoso e le onde raggiungono l’altezza di alcuni metri, le creature vengono sballottate e il loro cuore galoppa preso da una angoscia a cui esse non sono capaci di dare un nome, abituate come erano ad avere sotto gli zoccoli la terra ferma.
Attraverso corridoi stretti come budelli sono state introdotte in quello che è divenuto il loro inferno (e la loro tomba) e, se solo potessero, si getterebbero nelle acque profonde pur di porre fine a quel castigo non più sopportabile. Dovrebbero vedere la luce del sole, masticare erba, annusare aria pulita, passeggiare nei campi, distendersi su un letto di paglia, invece questi 2.600 bovini sono stati condannati a subire un sadico supplizio, reso ancora più crudele dal fatto che esso non ha una data di scadenza: è illimitato. Se solo fossero stati clandestini scortati dai trafficanti di esseri umani, quantunque infetti e portatori di varianti del coronavirus, non vi è dubbio che sarebbero stati prontamente accolti a braccia aperte in Italia, cosa che accade quotidianamente, invece i bovini sono soltanto bestie, quindi non destano la sensibilità di buonisti e progressisti facili all’indignazione. Nessuno scenderà in piazza per loro, nessuno scriverà articoli di protesta, nessuno si scandalizzerà per le condizioni estreme inflitte alle bestiole, nessuno urlerà allo scandalo, nessuno parlerà di sequestro di esseri viventi, nessuno, osservando il mare, penserà che laggiù, nell’oscurità, da qualche parte nel Mediterraneo, navigano senza meta 2.600 anime in pena.
Questa vicenda racchiude pure un mistero: quale è lo stato di salute di questi poveri bovini? Perché è così arduo, per non dire impossibile, compiere ispezioni a bordo di codeste navi? Risulta infatti che, allorché una delle due si trovava in acque territoriali italiane, al largo di Augusta, in Sicilia, e poi anche davanti a Cagliari, in Sardegna, il nostro governo, sollecitato dalla Fondazione per il benessere degli animali e dall’avvocato Manuela Giacomini, era pronto ad inviare controlli, però l’imbarcazione si è allontanata all’improvviso raggiungendo acque internazionali. Inoltre ci domandiamo se le mucche abbiano a disposizione acqua e cibo dopo tante settimane in mare. È quasi assicurato che non abbiano più viveri, dal momento che la traversata non avrebbe dovuto durare tanto. Insomma, la faccenda è seria e preoccupante. Stupiscono due elementi: da un lato, l’efficienza e la risolutezza della Libia, Paese da cui ogni dì partono centinaia e centinaia di migranti diretti in Europa, nel chiudere i suoi porti ai bovini che lì erano diretti; dall’altro, l’indifferenza della Ue, la quale non è ancora intervenuta. Adesso la Fondazione citata ha inviato una petizione ufficiale al Parlamento europeo, incitandolo ad agire. L’avvocatessa Giacomini ha inoltre esortato i vertici della Unione ad avviare delle procedure di infrazione per sanzionare i Paesi membri coinvolti in questo sporco affare, ossia Francia, Croazia, Romania, Spagna e Slovenia, Paesi di origine delle mucche, accusandoli di violare le norme sul trasporto di animali. Dopo la denuncia della situazione in cui versano i 2.600 capi di bestiame un rappresentante della Commissione europea, Andrea Gavinelli, ha specificato che il commissario Ue per la Salute e la Sicurezza alimentare Stella Kyriakides ha spedito una lettera la ministro della Salute spagnolo e a quello cipriota affinché intervengano il prima possibile. Ci sono 2.600 esseri viventi da mettere in salvo. Forse molti di questi sono già morti. Di paura, denutrizione, inedia, stanchezza, sopraggiunta malattia. Non possiamo più perdere tempo.