Con uno show di apertura degno di un film horror e ampiamente criticato a causa non soltanto della dissacrazione operata nei confronti della religione cristiana ma anche per il cattivo gusto proprio di una cultura di sinistra che infila le tematiche dell’identità di genere in ogni dove, strumentalizzando in maniera spregiudicata le persone omosessuali e offrendo dell’omosessualità una idea caricaturale fatta di eccessi, frivolezza e pacchianate, gli organizzatori delle Olimpiadi di Parigi hanno avuto la pretesa di lanciare temi e messaggi alti e nobili, di moralizzare, di catechizzare riguardo la loro nuova e intransigente religione laica, politicizzando e ideologizzando persino lo sport, che dovrebbe restare “zona franca”, unica rimastaci oggigiorno, in cui predominano solidarietà e rispetto dell’altro non solamente al di là del genere e delle tendenze sessuali ma anche al di là delle opinioni e della nazionalità.

Invece no. L’ultima cena di Parigi include gay, trans e drag queen, ma le Olimpiadi escludono, distinguono, discriminano sulla base del pensiero. L’ennesima occasione per creare un clima di concordia e di distensione è andata in fumo. Agli atleti russi e bielorussi, su decisione del Comitato Olimpico, è fatto divieto di concorrere sotto la bandiera dei rispettivi Paesi, questo significa che essi gareggiano da “atleti neutrali individuali”, così vengono chiamati, quindi non rappresentando la propria nazionalità e la propria Nazione.

A Kiev questa scelta tuttavia non è bastata. E ha protestato chiedendo l’estromissione totale di quegli atleti che hanno mostrato sui social network di guardare con favore al loro presidente Vladimir Putin. Tra questi atleti messi all’indice compaiono le tenniste Diana Shnaider e Elena Vesnina, la ciclista Alena Ivanchenko, la tuffatrice Anzhela Bladtceva. Insomma, Zelensky avrebbe voluto che gli atleti fossero ostracizzati in base a quello che pubblicano o condividono sui social network, ovvero in base alle loro opinioni o al loro orientamento politico. E questa è una grave violazione della inviolabile e universale libertà di pensiero.

Degli oltre 50 atleti russi e bielorussi individuati dal Comitato olimpico ai quali è stata offerta la possibilità di partecipare da neutrali, quindi senza bandiera, 28 hanno declinato la proposta in quanto hanno ritenuto discriminatorio tale trattamento differenziato rispetto agli sportivi di altre nazionalità.

Gli atleti russi in gara da neutrali sono soltanto 15.

Le Olimpiadi di Parigi 2024 ci hanno insegnato che discriminare sulla base dell’orientamento sessuale è grave, farlo sulla base del pensiero invece è cosa buona e giusta.

Amen.

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