“Berlusconi ha finanziato Cosa Nostra! Berlusconi ha finanziato Cosa Nostra”. Lo ha scritto Alessandro Di Battista su Facebook riguardo la condanna ingiusta inflitta al leader di Forza Italia nel 2013. Insomma, Dibba anziché porre l’accento sulla questione della corruzione delle toghe che tessono trame politiche, si accanisce sul cittadino punito senza colpa. Poi Alessandro ha aggiunto: “La storia è la memoria di un popolo, e senza una memoria l’uomo è ridotto al rango di animale inferiore, così disse Malcolm X. Ebbene, rinfrescarla è un dovere per contrastare chi la storia vorrebbe ribaltarla”.

Già che ci siamo, condividendo questo nobile pensiero, abbiamo deciso di rinfrescare pure noi la memoria al grillino.  I pentastellati hanno questo difetto qui: sono tanto inflessibili e rigidi e severi nel giudicare gli altri, quanto teneri, comprensivi e misericordiosi nel valutare le azioni proprie o dei loro congiunti. In quest’ultimo caso, perdonano e sdrammatizzano.

Nel gennaio del 2019 Alessandro pubblicò un video, sempre su Facebook, esordendo così: “Ho qualcosa da dirvi. Spero che sia tutto chiaro. È una cosa personale”. Nel filmato amatoriale della durata di 5 minuti l’ex deputato confessò con evidente difficoltà di avere sentito in mattinata il padre Vittorio, che gli avrebbe raccontato di essere stato fermato da un inviato del programma Le Iene al quale avrebbe ammesso di avere un lavoratore in nero nell’azienda di famiglia, che sarebbe indebitata con il fisco, con le banche e con i dipendenti. Alessandro, membro del consiglio di amministrazione di suddetta società a conduzione familiare, ammise di essere al corrente da giorni (almeno) di questa realtà, eppure di averla taciuta decidendo di condividerla in tutta fretta con il suo pubblico di seguaci solo dopo che il padre era stato incalzato dal microfono del giornalista Filippo Roma.

Un ravvedimento tardivo eppure tanto puntuale da destare non pochi sospetti. “Mi sono incazzato, in primis perché i lavoratori si devono sempre mettere in regola. Papà mi ha spiegato che in una fase di difficoltà dell’azienda questa persona di 78 anni viene ogni tanto a dare una mano. Mi sono arrabbiato a morte, perché a noi ci fanno le pulci su tutto. Un esponente dei 5 stelle deve stare attento a tutto. Mi sono arrabbiato anche perché non mi ha chiesto aiuto, avrei dato una mano. Io non sapevo che dirgli perché ero arrabbiato”, spiegò Di Battista junior.

“Anche se ho preso un’altra direzione voglio dare una mano ora per sistemare questa cosa qui”, annunciò il giovane, ignorando il fatto che non avrebbe fatto il buon samaritano mettendo ordine nei suoi affari, quantunque di famiglia, ma solo il suo dovere, dato che l’azienda di sanitari gli apparteneva in quel mentre. E poi, cercando maldestramente di giustificare il padre, il Dibba sottolineò che quello di prendere manovalanza da sfruttare senza riconoscere alcun diritto sembra essere “costume diffuso di questi tempi”. Ecco, era quasi giusto e normale, poiché lo fanno tutti. Quindi anche Vittorio Di Battista. 

La vicenda ricorda per filo e per segno quella dei Di Maio. Anche Luigino, membro del cda dell’impresa della famiglia, non sapeva nulla circa il fatto che il suo papà ricorreva al lavoro in nero. Anche Luigino perdonò.

Lo sappiamo bene che in Italia gli imprenditori devono fare i conti con molteplici problematiche nel tentativo di tenere in piedi le loro piccole e medie imprese. Spesso arrivano addirittura al suicidio. Non ci indigna che Di Battista senior abbia avuto un lavoratore in nero. Ci indigna però l’ipocrisia, quella sì. L’ipocrisia di chi da anni fa i sermoni ogni dì in diretta Facebook discettando di integrità, come fosse suo esclusivo appannaggio, e paragonando il lavoro nero agli escrementi e poi, tra le mura di casa, fa un po’ il cavolo che gli pare.

Ci indigna pure la presunzione morale di chi, pur non avendo combinato nulla nella propria esistenza se non girovagare con lo zaino in spalla e pubblicare requisitorie sui social network, si scaglia contro Berlusconi, il quale nella sua vita ha costruito aziende e migliaia e ancora migliaia di posti di lavoro.

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