Sembrano inespugnabili fortezze i palazzi del centro città, al loro interno racchiudono qualcosa di inaccessibile a chi li osserva dal basso, dal gelido marciapiede. Sontuosi banchetti, caldi salotti, morbidi cuscini, turbinio di luci, di risate, di stridule grida di bimbi, di auguri ripetuti ancora e ancora, fino a farne indigestione. Per chi abita quelle stanze la notte di capodanno rappresenta una cesura, per chi vive in strada essa è un continuum. Non danno tregua miseria e disperazione. Non c’è proprio nulla da festeggiare.
Ci siamo dibattuti nel dubbio per tutto il giorno: “Meglio carne o pesce?”; “Il cotechino non può mancare, figuriamoci le lenticchie, sarà vero che portano soldi?”; “Metto l’abito rosso o quello dorato?”; “Quanti chilogrammi avrò preso durante queste feste?”, “Pandoro o panettone?”. Poi è stato il momento dei buoni propositi: perdere 5 o 6 kg, iscriversi in palestra, comprare casa, cambiare mestiere, viaggiare di più, lavorare di meno.
Non coltivano progetti lungimiranti Christian e Ioana, Sara e Luca, Alberto e sua madre Santina, i senzatetto italiani che ogni sera si rifugiano in un container di circa 12 metri quadrati con i loro 5 cani, in zona Quarto Oggiaro, a Milano. Eppure nei loro cuori non manca la speranza: di poter mangiare domani, di poter conservare il proprio sacco a pelo, di riuscire a sfamare il proprio cucciolo. Vengo accolta tra quelle mura di metallo e travolta dai musi dei cani scodinzolanti. Si dorme tutti vicini, uomini ed animali, in quel piccolo spazio. Per usare il bagno occorre lasciare il rifugio e percorrere all’addiaccio un centinaio di metri per raggiungere l’edificio adiacente in cui sostano circa 40 immigrati, che lì, nell’unico dormitorio della città aperto ai senzatetto con animali, i cani non ce li vogliono perché li considerano impuri. Ecco perché Christian e Ioana, Sara e Luca, Alberto e Santina, si sono dovuti trasferire in quella scatola di alluminio con i loro amici a quattro zampe: sono stati sfrattati dagli extracomunitari.
Il freddo stanotte infierisce. Anche lui se ne fotte che è l’ultimo giorno dell’anno. Per fortuna il container è caldo. Anche troppo. Si soffoca. Manca l’ossigeno. Allora un dubbio sorge: resto qui dentro o esco a respirare facendomi divorare dal gelo famelico?
“Questo non è un posto molto sicuro, ma è pur sempre un riparo. Qualche sera fa due ospiti del dormitorio si sono accoltellati, le risse non mancano, i litigi sono quotidiani, tuttavia dormire per strada è peggio. Quando passavo la notte sul marciapiedi, mi hanno anche rubato il cane. Poi Tony è riuscito a tornare da me, siamo insieme da undici anni”, racconta Christian, 40 anni, mentre abbraccia il suo dobermann. Dal lato opposto della struttura giungono urla, qualcuno discute arrivando alle mani. “Conviene non uscire adesso”, raccomanda l’uomo.
Neanche per fido la vita da senzatetto è facile. “I cani vengono rapiti per addestrarli ai combattimenti clandestini, o per essere venduti ai ristoranti cinesi”, afferma Christian con convinzione. Santina, 45 anni, donna distinta ed elegante, annuisce stringendo la sua cagnolina Shiva di appena 4 mesi, ferita al naso proprio da un cane lottatore che l’ha aggredita l’altro ieri. Santina e suo figlio Alberto, 27 anni, si sono ritrovati scaraventati sul marciapiede un mese fa. Da Brescia sono venuti a Milano e da qualche giorno condividono il container con tutti gli altri. Eppure sembra che queste 6 persone si conoscano da sempre, che una profonda e sincera amicizia le leghi. “Quando non hai nulla e cerchi di andare avanti come puoi, sei più portato ad aiutare chi è in difficoltà e a comprenderlo”, spiega Christian. Chissà perché più si possiede più diventa difficile dare?! Ioana stasera ha diviso la sua porzione di risotto ai funghi con Luca, che ne aveva lodato il profumo. Christian ha mangiato una pizza, lasciandone un bel pezzo a Tony, che ne va matto. Manca il clima di festa, ma non quello di amore. E di amore in queste quattro pareti ferrose ce n’è davvero tanto. “Qui ho trovato una solidarietà che prima mi era sconosciuta”, ci sussurra Santina con gli occhi lucidi.
Sara, 21 anni, capelli rossi, mi sorride e mi parla di sé: abita all’aperto da anni, non sente mai le sue sorelle né sua madre. Anni fa era corsa da lei, perché la sua mamma l’aveva cercata e le aveva chiesto di tornare a casa, promettendole che sarebbe stato tutto nuovo, come quest’anno che tra qualche minuto irromperà sulla scena senza che nulla cambi, senza che ce ne accorgiamo. Ma ora Sara non è più sola, c’è Luca, 22 anni, che la protegge. “Le donne sono più esposte di noi ai pericoli della strada. Sopravvivere senza un compagno sarebbe impossibile”, dice Christian, che sta con Ioana, 27 anni, da quando lei ha perso il lavoro e la casa, ritrovandosi senza un tetto con le sue due cagnoline, Upa e Nina.
I cani continuano a giocare tra loro, ogni tanto qualche botto li fa trasalire, c’è chi abbaia, chi si rifugia tremante tra le braccia del suo padrone. C’è un mondo in delirio là fuori, smanioso di vivere, di gettarsi il passato alle spalle, di consumare, di ballare, di fare baldoria fino all’alba, per poi rincasare satollo di vino e di divertimento. Mentre la gente lascerà i veglioni, i locali, le discoteche, Christian e Ioana, Sara e Luca, Alberto e Santina con i loro amici al guinzaglio usciranno dal nido che li custodisce di notte, che deve essere liberato entro le 8 del mattino. Davanti a loro si aprirà uno scenario desolante: una intera città vuota, che inizia il nuovo anno dormendo sfatta e strafatta, immense vie deserte, residui di petardi sull’asfalto, bottiglie vuote, palazzi assonnati e muti. Intanto la pioggia piano piano cesserà, lasciando il posto ad un pallido raggio di sole.
Riproduzione riservata
Articolo pubblicato su Libero del 2 gennaio 2018