Tanto ligio al piacere quanto al dovere, un appuntato scelto dei carabinieri, quarantanovenne originario di Napoli, ha ceduto ai bollenti spiriti la notte tra il 10 e l’11 gennaio del 2018 facendo entrare negli uffici del comando provinciale di Ravenna due donne, conosciute poco prima in un bar della zona dove egli si era recato per bere un caffè prima di affrontare la lunga nottata di lavoro, e finendo con il fare sesso con una delle due in una stanza deserta della caserma.

Un rapporto lampo, durato appena qualche minuto se consideriamo che le due signore, una delle quali aveva pregato il tizio di farle visitare la caserma come se si trattasse di un museo, si trattennero all’interno dell’edificio soltanto 14 minuti (da mezzanotte e sei minuti a mezzanotte e venti), ma sufficiente per condannare il focoso carabiniere a 11 mesi di carcere (con pena sospesa) per avere truffato allo Stato ben 15 euro, – specifichiamo – lordi.

Risulta infatti che l’uomo abbia spiegato al piantone che le dame avrebbero dovuto essere ascoltate a fini investigativi, quindi si fece pagare un’ora di straordinario in quanto egli avrebbe dovuto cominciare il suo turno un’ora più tardi rispetto all’orario di ingresso. In verità, non erano informazioni quelle che il carabiniere si accingeva ad acquisire, bensì altro. E per di più di straordinario il quarantanovenne non fece proprio nulla, a quanto pare. Tuttavia, il suo avvocato, il quale chiedeva l’assoluzione, non ci sta e rimarca la circostanza che il suo assistito si è rotolato sì sui pavimenti della caserma, non riuscendo evidentemente a tenere l’uccello in gabbia, ma il tutto si è consumato in uno spazio temporale di pochissimi minuti, il resto dell’ora il condannato avrebbe adempiuto ai suoi compiti.

Dunque, esclusi quei 14 minuti scarsi in cui sarebbe stato in compagnia delle ragazze, il carabiniere ha sgobbato sì. Conclusa alla svelta la pratica – come dire – carnale, egli avrà chiuso la patta dei pantaloni e aperto uno dei fascicoli accumulati sulla scrivania. Ecco perché il legale si prepara, una volta lette le motivazioni che saranno depositate dal giudice entro 70 giorni, a fare ricorso contro una sentenza ritenuta assolutamente ingiusta. L’accusa invece non ha dubbi: di truffa si tratta, dal momento che il reo ha ingannato il collega piantone affermando che le due dovessero rilasciare con urgenza importanti dichiarazioni, ha indicato quell’ora come straordinario e, come se non bastasse, con il suo atteggiamento avrebbe gettato discredito sull’istituzione dell’Arma, usando la caserma quale locale a luci rosse, o casa di appuntamento, o camera da letto della di lui abitazione, mettetela un po’ come vi pare.

L’avvocato Enrico Ferri insiste: l’attività investigativa fu effettivamente svolta, quindi la richiesta di straordinario è più che giustificata. Il militare nei restanti 46 minuti di quella specifica ora non si è mica girato i pollici, non si è mica fumato la sigarette prima di fare un sonnellino. E poi quale disonore sull’Arma? Semmai è il carabiniere a dovere lamentare di essere stato infangato. Infatti, questi loschi fatti sono venuti a galla in seguito ad una denuncia per violenza sessuale rivelatasi del tutto fasulla. La signorina, sensibile al fascino della divisa, tacciò il carabiniere di averla addirittura stuprata, però è stato accertato che il rapporto sessuale fu assolutamente consensuale, che non vi fu alcuna forzatura da parte dell’appuntato, tanto che la tizia adesso è indagata per calunnia.

Quante pene per cinque minuti di godimento! Certo è che impressiona che un individuo sia stato punito così severamente per una scappatella, mentre circolano in piena libertà criminali di ogni tipo, stupratori inclusi.

Il militare avrà anche sbagliato, più dal punto di vista morale che giuridico, ma l’errore più grave è quello compiuto dalla signora che si è inventata di sana pianta un abuso sessuale, distruggendo l’esistenza e il nome di un essere umano con il quale ella stessa aveva deciso – spontaneamente – di giacere e di divertirsi, salvo trasformare poi il gioco in una tagliola. Per entrambi.

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