Sono 7 milioni e 400 mila le famiglie che in Italia campano sulle spalle curve e stanche di ben 6 milioni di anziani (35,7% dei pensionati) che devolvono le proprie entrate ai parenti, per una spesa complessiva che si aggira tra gli 8 ed i 10 miliardi di euro, quindi più consistente del reddito di cittadinanza. E, allorché sono essi i principali sostegni in casa, le pensioni dei nonni costituiscono più dei tre quarti del reddito familiare disponibile.

Addirittura, nel 21,9% dei casi, ossia per oltre 2 milioni e 600 mila nuclei, le prestazioni pensionistiche rappresentano l’unica fonte monetaria di reddito. Questo significa che, qualora il nonno e la nonna venissero a mancare, il parentado si ritroverebbe sul lastrico, ridotto alla miseria assoluta.

La presenza di un avo in casa è dunque una fortuna, una sorta di benedizione, in quanto consente alle famiglie vulnerabili di dimezzare l’esposizione al rischio di povertà. Non li consideriamo abbastanza, eppure senza di loro saremmo persi.

A rivelarlo è l’Istat, fornendo in contemporanea la fotografia di una terza e di una quarta età tutt’altro che facili. Chi cessa di sgobbare non può mica prendere pace e dedicarsi a passatempi e viaggi. Gli tocca annaspare per rimanere a galla facendosi bastare quel poco che mensilmente ha a disposizione, tenendo conto non delle proprie esigenze, bensì soprattutto di quelle, vitali e persino superflue, di figli e nipoti, alle prese a loro volta con altre problematiche, quali crisi economica, disoccupazione e precariato lavorativo.

Il 36,3% dei circa 16 milioni di pensionati, ossia oltre uno su tre, riceve ogni mese meno di mille euro lordi ed il 12,2% non supera i 500 euro. Solamente un pensionato su quattro, ovvero il 24,7%, si colloca nella fascia di reddito superiore ai due mila euro. Ecco perché l’Istat sottolinea come sia ampia la disuguaglianza economica tra i pensionati.

Disparità si ravvisano pure nella distribuzione degli assegni: il tasso di pensionamento più elevato si trova nel Settentrione, con 262 pensionati ogni mille abitanti, diminuisce nel Meridione, con 257, e ancora di più nel Centro Italia, con 253. La media nazionale è di 259 beneficiari ogni mille abitanti. Sussiste poi il divario di genere: le donne sono il 55,5% dei pensionati totali eppure a loro viene assegnato il 44,1% della spesa complessiva.

Gli uomini sono più numerosi e peraltro percepiscono i redditi più alti. Le ragioni di questa evidente sperequazione sono dovute alla minore partecipazione del gentil sesso al mercato del lavoro.

La spesa previdenziale in rapporto al Pil è cresciuta, attestandosi al 16,6% (16,5% nel 2017) della ricchezza nazionale, equivalente a 293miliardi di euro destinati alle prestazioni pensionistiche. Ciò che non è parimenti cresciuto però sono gli stipendi medi degli occupati dipendenti. Questi ultimi sono lievitati del 35% dal 2000 al 2018, mentre l’importo medio delle pensioni è incrementato del 70% nel medesimo periodo in esame.

Perché? Lo spiega l’Istat: è mutata “la composizione della categoria di percettori, infatti è progressivamente aumentato il peso delle pensioni maturate nelle fasi di maggiore crescita economica”. Di contro, si deve aggiungere che “è diminuito il peso dei trattamenti delle generazioni più anziane con una storia contributiva più breve e frammentata e profili salariali e contributivi mediamente più bassi”.

Le disuguaglianze di oggi sono il riflesso di quelle di ieri. Ecco il motivo per il quale si è allargata la forbice tra pensionati: da un lato, c’è che sta bene e, dall’altro, c’è chi è costretto a rovistare tra i rifiuti per racimolare qualcosa da mettere sotto i denti.

Tuttavia, a prescindere dalla circostanza che siano benestanti o al verde, i nonni riescono quasi sempre a tendere una mano ai giovani, poiché mossi dalla consapevolezza di cosa sia davvero importante nella vita e da quell’amore che con lo scorrere dei decenni ingrossano il cuore. Il comico Beppe Grillo aveva proposto di togliere loro il diritto di voto, appoggiato pure da qualche illustre esponente di sinistra, condannando così milioni di italiani canuti, i quali rappresentano un terzo del Paese, fungono da ammortizzatori sociali e si fanno carico dei servizi assistenziali non assicurati dallo Stato, alla perdita della rappresentanza. Insomma, i nonni non esistono quando non ci fanno comodo. Esistono però quando devono sganciare la pensione.

Articolo pubblicato su Libero il 16 gennaio del 2020

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