Gli sportivi, tanto più se professionisti e giovani, rappresentano l’immagine stessa della salute: mangiano in modo sano, si allenano quotidianamente e hanno rispetto del proprio corpo al quale riservano particolari cure. Essendo in verde età, appunto, qualora dovessero beccarsi il covid-19, è altamente probabile che sarebbero asintomatici o, al massimo, potrebbero presentare sintomi blandi. Non vi è dubbio che nella stragrande maggioranza dei casi se la caverebbero senza alcun problema. Invece, cresce il numero degli sportivi, assolutamente in salute, i quali, sottoposti alla vaccinazione, si ammalano di miocardite o pericardite, come è accaduto alla pallavolista Francesca Marcon. E questo fenomeno, anziché essere censurato dai media, dovrebbe essere approfondito.

Anche Alexandre Joao Kisonga, 37 anni, professionista del basket di origine congo-angolese trasferitosi in Italia, precisamente a Milano, dall’età di 4 anni, è finito in corsia dopo la seconda dose di vaccino. E lo scorso primo agosto ha pubblicato un post sul suo profilo Instagram, in diretta dal suo letto di ospedale. Nel post Alexandre ha narrato la sua esperienza di soggetto vaccinato non felicemente, se così si può dire, e ha espresso le sue perplessità riguardo una campagna vaccinale spietata e accelerata il cui scopo non risulta più quello di mettere in sicurezza i vulnerabili, come si diceva al principio, bensì quello di vaccinare il più alto numero di persone nel minor tempo possibile, ragazzini inclusi.

Ecco le parole di Kisonga: “Sono ricoverato da un mese, mi hanno diagnosticato una perimiocardite acuta. Detto in parole povere, si tratta di una infezione che poi determina una infiammazione del pericardio che avvolge il cuore. I sintomi che avevo sono affaticamento, febbre, mal di collo, mal di testa, fitte al petto e palpitazioni. Che mi crediate o meno, i sintomi sono iniziati dopo la seconda dose di vaccino. Inizialmente non gli ho dato peso, poi, purtroppo, col passare dei giorni, i sintomi sono peggiorati. Quello che più mi dispiace è che non se ne parla. Ho poi scoperto che questo è uno degli effetti collaterali del vaccino e che capita generalmente ai giovani. Parlarne non vuol dire per forza accusare qualcuno o altro, vuol dire semplicemente informare le persone per far sì che alla vista di certi sintomi non si perda tempo come ho fatto io che tra una cosa e l’altra ho perso due settimane. Stiamo vivendo una pandemia che ha sconvolto tutti, chi più chi meno, e ogni notizia che può aiutare il prossimo dovrebbe essere divulgata senza paura, tanto ci sarà comunque chi non vorrà vaccinarsi. Le percentuali sul vaccino dicono che sono maggiori i benefici che i danni, e qui mi domando: ma della minoranza con i danni invece? Qualcuno se ne occupa? O, meglio, qualcuno ne è responsabile? Da quello che vedo qui qualcuno che guadagna tra tamponi e vaccini c’è, ma di responsabilità nel risarcire chi purtroppo ha avuto effetti negativi “ne minga”. Per non parlare dei contraccolpi psicologici di essere ricoverati nel periodo Covid (mi spiace soprattutto per gli anziani). E a quelli che fanno i fenomeni pensando di parlare o di decidere per gli altri chiedo di mettersi nei panni della minoranza facendo finta che accada al proprio figlio, o parente, o amico. Provateci e ricordate che la libertà di scegliere è sacra. Poi posso capire che alcune motivazioni sono assurde. Il paradosso è che, se fra tot mesi ci fosse da fare il terzo richiamo e io fossi l’unico al mondo a non volerlo fare (per ovvi motivi), verrei anche criticato perché questa è la società in cui viviamo. Critichiamo a prescindere senza avere la minima idea di cosa uno possa avere passato e non sappiamo rispettare le scelte altrui”.

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