“Comincia l’ultimo miglio di questa lunga pandemia. Sarà probabilmente il più faticoso, ma molto presto inizieremo a vedere l’arrivo”, con la consueta vana retorica il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha commentato le prime vaccinazioni contro il corona eseguite in Italia il 27 dicembre. I suoi colleghi hanno mantenuto i medesimi toni. Per il premier Giuseppe Conte, il cosiddetto “vaccine day” è stato il dì in cui “l’Italia si risveglia”, l’obiettivo è “conseguire l’immunità e sconfiggere definitivamente questo virus”. “Giunge la luce, ma bisogna resistere ancora alcuni mesi”, ha osservato il ministro della Salute Roberto Speranza. E di qualche mese di resistenza ha parlato anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti.

Ogni settimana l’Italia riceverà circa 470 mila dosi di antidoto, come ha fatto sapere il dicastero della Sanità mediante una nota. Sono numeri che, nell’ottica del governo, dovrebbero impressionarci e rafforzare la nostra fiducia nei confronti di un esecutivo campione di inefficienze, il quale ha avuto il merito di gestire così male la pestilenza da avere conseguito il record mondiale di morti, mica male per chi si proclama “modello mondiale”, o “esempio da seguire”.

Eppure non vi è nulla di rassicurante in queste cifre. E non soltanto perché, nonostante siamo il Paese che ha registrato più decessi, abbiamo ottenuto come prima fornitura (definita, per superare l’imbarazzo, “simbolica”) meno dosi rispetto ad altri Paesi europei, ossia 9.750 contro le 150 mila dosi andate alla Germania, o le 350 mila alla Spagna, o le 107 mila alla Svizzera e così via. Se è vero che da questa settimana pioveranno all’incirca 470 mila dosi ogni sette giorni, tra un anno esatto, nella più rosea delle ipotesi, avremo incamerato 22.560.000 dosi di vaccino. Tenendo conto del fatto che alcune vaccinazioni vanno ripetute, va da sé che siamo ben lontani dalla tanto agognata uscita dal tunnel di cui ciarlano i membri di Pd e M5s allo scopo di imbambolarci. Insomma, tra un anno, ossia per il prossimo Natale, qualora le cose dovessero procedere nella maniera in cui le prospetta il nostro esecutivo, che fino ad ora però non ne ha azzeccata neppure una, meno di 20 milioni di italiani potrebbero essere vaccinati, forse 11 milioni o poco più. Ciò significa che, essendo la popolazione italiana costituita da oltre 60 milioni di abitanti, mantenendo il ritmo di 470 mila dosi a settimana, ci lasceremo il virus cinese alle spalle tra un minimo di 3 e un massimo di 6-7 anni.

Il governo se la prende comoda, troppo comoda. E ricerca il consenso e la fiducia popolari, di cui gode sempre meno, ricorrendo ancora una volta al sensazionalismo nonché alla spettacolarizzazione di ciò che all’estero, ad esempio, non viene proposto con tale partecipazione emotiva, come l’approdo delle prime dosi di vaccino nel Bel Paese, scortate da centinaia di agenti. C’è chi ci casca, certo. C’è chi resta a bocca aperta e ringrazia il premier assoluto per essere riuscito a procurarci il rimedio contro il Covid-19, restituendoci le libertà di cui siamo stati da lui stesso spogliati. Però basterebbe snocciolare i dati per accorgersi che il BisConte è in clamoroso ritardo, che 470 mila dosi alla settimana, ammesso che giungano, sono insufficienti, che saremo costretti ancora in casa, che dovremo ancora patire restrizioni e limitazioni illegittime, che la luce in fondo al tunnel è probabilmente il faro del treno che sta per travolgerci o l’alba sanguigna della crisi economica che caratterizzerà il 2021 oramai alle porte, crisi determinata e acuita da una maggioranza pasticciona, la cui lentezza e inconcludenza sono sempre più snervanti. Oltre che mortali. Facciamoci il segno della croce. E così sia.

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