Nonostante tale verità venga spudoratamente negata da infettivologi ideologizzati e membri del governo, quest’anno abbiamo appreso a nostre spese che i virus, che viaggino in prima classe o sui barconi, passano le frontiere mimetizzandosi alla perfezione mediante l’uso dell’altissima percentuale di portatori asintomatici. Codesta realtà avrebbe dovuto indurre l’esecutivo a cambiare prontamente registro sul fronte delle politiche di accoglienza di massa, definendo una gestione degli arrivi più razionale ma soprattutto predisponendo un decisivo piano di contrasto alla immigrazione illegale dalle aree infette. Invece no. La maggioranza giallorossa ha compiuto l’esatto opposto, smantellando i decreti Sicurezza, nostra unica difesa, allo scopo di fare un dispetto alla Lega.
I dati del Viminale sono preoccupanti e ci raccontano che il dichiarato stato di emergenza, in cui versiamo da gennaio, non ha affatto impedito all’Italia di continuare a fungere da porto-discarica di migliaia di clandestini provenienti proprio dalle zone del globo in cui il coronavirus imperversa in maniera incontrollata, anzi, rispetto al 2019, quando non eravamo alle prese con la pandemia e al ministero dell’Interno era insediato il leader della Lega Matteo Salvini, gli sbarchi sono più che triplicati. Il che è agghiacciante.
Dal primo gennaio del 2020 a 12 novembre sono giunti sul nostro territorio 31.214 clandestini (nello stesso periodo del 2019, 9.944). Ricorro a tale termine, quantunque oggigiorno scandalizzi, poiché esso è quello giuridicamente più calzante e quindi appropriato: gli extracomunitari pervengono dalle nostre parti attraverso le vie illegali, senza documenti, forzando i nostri confini marittimi e usurpando le nostre coste. La validità o meno della richiesta di asilo che poi alcuni di loro presentano (fatto che li rende “richiedenti asilo” semmai e non profughi de iure) verrà accertata successivamente e di rado essa viene accolta. Del resto, gli immigrati sono soprattutto di nazionalità tunisina ed è noto che la Tunisia non sia un Paese in guerra, tanto da essere considerato sicuro.
La questione è seria e tutt’altro che pretestuosa, come sostengono gli esponenti di maggioranza: se stiamo lottando per contenere la seconda ondata e il premier ha varato misure castranti per l’economia nonché foriere di malcontento collettivo pur di arginare il contagio, perché mai ci ostiniamo a mantenere i porti aperti, ad inglobare e stipare migranti negli hotspot, a non tutelarci dall’importazione del Covid-19 da altri Paesi?
Sono domande che non possiamo fare a meno di porci, tanto più se consideriamo che i protocolli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano agli Stati aderenti, tra cui appunto l’Italia, di esercitare controlli alle frontiere e di alzarle senza esitazioni in caso di epidemia estesa. Eppure da gennaio ad oggi hanno poggiato piede sul nostro suolo oltre 31 mila immigrati, lo ripetiamo, soltanto nei primi 12 travagliati giorni di novembre sono stati 4.011 gli ospiti indesiderati sopraggiunti. Insomma, se negli anni passati gli arrivi in autunno diminuivano per le intemperie, quest’anno stanno persino lievitando, in barba alla pestilenza, prova dello stato di totale anarchia in cui ci troviamo. Insieme all’aumento dei casi di contagiati e ospedalizzati a causa della seconda ondata di corona cresce il numero di africani che si trasferiscono in Italia affidandosi ai trafficanti di esseri umani. Un business ormai consolidato, favorito dalle politiche poste in essere da un esecutivo medaglia d’oro di inefficienze e schizofrenie.