Era da un po’ che questo pensiero mi frullava in testa. Durante una delle innumerevoli conferenze-stampa serali (o dovrei dire notturne?) dell’allora premier per caso (e per sfiga nostra) Giuseppe Conte mi balenò nella mente una illuminazione: Conte e la sua squadra di dilettanti allo sbaraglio non si rassegnano ad abbandonare pieni poteri, dpcm, toni catastrofici non accompagnati però a provvedimenti utili (perché utili non sono stati i banchi a rotelle e i monopattini contro la diffusione del contagio), poiché il virus made in China ha dato loro l’occasione di sentirsi importanti, parte di qualcosa di grande, quasi eroi impegnati in una lotta per la salvezza dell’umanità che poi si è trasformata nella più classica e intramontabile lotta per la salvezza del proprio fondoschiena. Ad ogni modo, vi invito a compiere una riflessione: chi diavolo sarebbe stato Roberto Speranza, ministro della Salute inaffondabile ma che pure fa affondare noi italiani, se non fosse stato a capo del suddetto dicastero in questa precisa fase storica? E Giuseppe Conte si sarebbe mai sognato di ritrovarsi tra le mani una concentrazione di potere senza precedenti storici nella storia della Repubblica? Non era che un professore, senza pubblicazioni alle spalle, insomma neppure di spessore, non si era distinto come docente, né tantomeno come avvocatino. La sua occasione è stata offerta da un virus proveniente dalla Cina, un virus da cui l’esecutivo ci garantiva che l’Italia fosse protetta, era praticamente impossibile che arrivasse dalle nostre parti. Ecco perché non furono interrotti i collegamenti con la Cina allorché il centrodestra li pretese, ecco perché prese piede, sostenuta dalla maggioranza, la campagna “abbraccia un cinese” e imporre la quarantena a chiunque provenisse dalle aree in cui il corona imperversava, giallo o bianco che fosse, fu considerata una discriminazione, frutto del razzismo proprio della destra. Come andarono poi le cose lo sappiamo tutti, dunque eviterei di soffermarmi su questo punto. Conte e Casalino si sono sentiti dei superman, hanno potuto esaudire il desiderio infantile di essere degli eroi, persuadendosi di esserlo davvero. L’avvocato del popolo tuttora non è venuto fuori da questa illusione, non è guarito. Lo si evince dalla sua arroganza nel trattare con Beppe Grillo, dal suo senso di superiorità e di invincibilità, dalla certezza di avere dalla sua parte gli italiani, che pure hanno stappato le bottiglie allorché si sono liberati di lui. Il protagonismo di Giuseppi è esagerato, proprio lui che garantiva che sarebbe tornato al suo mestiere una volta abbandonata la politica, si è attaccato al M5s come un’ostrica allo scoglio. È roba sua, è la sua roba, egli crede, sicuro di essere l’unico al mondo a potere salvare non solo gli italiani e l’Italia, ma pure un Movimento in fin di vita e spacciato.
E cosa sarebbe stato di Galli, Bassetti, Lopalco, e altri scienziati, virologi e epidemiologi, se non fossero usciti dai laboratori sterili, illuminati con i neon bianchi e tetri, in cui erano relegati per recarsi negli studi televisivi dove sono diventati protagonisti principali, ospiti d’onore, personaggi di spicco, illustri esperti di una pandemia eternamente in corso?
E i media, prendiamo anche i media, ossia giornali, televisioni, radio, che ogni dì raccontano le stesse cose e si sono fossilizzati, incastrati, cristallizzati, rinchiusi in una ripetitività che non fa altro che allontanarli dalla gente. Sembra quasi che siano convinti che fare ogni giorno gli stessi titoli, come “Allarme contagi”, “Allarme variante Delta”, “Allarme movida”, “Allarme vacanze”, possa stimolare il lettore all’acquisto del giornale. Più probabile che questi si dia alla fuga, in quanto viene colto dall’inevitabile sensazione di leggere quotidianamente le medesime pagine, almeno da un anno a questa parte.
Questi soggetti qui non vogliono che la pestilenza finisca. Poiché a loro piace tanto, anzi troppo, come li fa sentire.