A giugno su 2.359 richieste di asilo esaminate i dinieghi sono stati 1.906, l’81%. A maggio su 2.467 domande ne sono state rigettate per assenza dei requisiti 1.948, il 79%, stessa media nel mese di aprile, da lì in giù la percentuale resta dell’80-81%. Pure nell’arco di tutto il 2019 i dinieghi hanno costituito l’81% delle decisioni adottate e lo status di rifugiato è stato riconosciuto solo all’11% dei migranti che lo vantavano, mentre la protezione sussidiaria è stata attribuita solamente al 7% e quella speciale all’1%.

Insomma, dati alla mano, possiamo affermare a ragione che la stragrande maggioranza di coloro che sbarcano in Italia è composta da clandestini, i quali, approfittando della dissennata politica di accoglienza di chiunque messa in atto e perpetrata con ostinazione, persino nel periodo della emergenza sanitaria, dai governi italiani, usurpano il Bel Paese con la pretesa di essere mantenuti e di godere di ogni agio, wi-fi incluso. Di contro, i migranti illegali non mostrano la benché minima intenzione di rispettare le nostre regole, neppure quelle più elementari di civile convivenza. Il rifiuto di osservare l’obbligo di quarantena non è che l’ultimo penoso esempio di una condotta recalcitrante ad ottemperare alle leggi.

Tuttavia ciò che desta più scalpore non è questa percentuale impressionante dell’89% degli sbarcati che non ha alcun diritto di asilo. Bensì suscita sconcerto che, nonostante codeste evidenze, certificate dalla magistratura, impegnata ad esaminare in questi anni centinaia di migliaia di domande di protezione (e poi ci lamentiamo della giustizia lenta), i partiti di sinistra nonché i giornalisti schierati dallo stesso lato, in compagnia di personaggi dello spettacolo, attori, influencer, continuino a sostenere che gli immigrati che approdano a Lampedusa o che vengono scaricati in Italia dalle navi delle Ong siano poveri esuli di guerra, appunto profughi, fuggiti da teatri di combattimento, denutriti e innocenti. Negli anni chi di noi non ha accettato di assoggettarsi al verbo politicamente corretto che imporrebbe di definire “profughi” gli immigrati illegali e ha dunque seguitato a chiamarli “clandestini” – unico vocabolo perfettamente calzante – ha subito accuse di razzismo, offese, minacce ed è incappato persino in provvedimenti disciplinari. Eppure la parola “clandestino” nulla contiene di ingiurioso e rimanda ad una condizione puramente giuridica, la quale rispecchia la realtà, così emerge dalle statistiche del Viminale, Commissione Nazionale per il Diritto di Asilo.

Insomma, i progressisti che fanno le pulci a Libero, inveendo allorché diciamo di una nera che è nera o di un clandestino che è clandestino, sono convinti – e vogliono convincerci – che la piaga dell’immigrazione illegale di massa si risolva denominando i migranti “profughi” e vietando di appellarli in un altro modo, a loro giudizio, poco cortese.

Da gennaio ad oggi i migranti giunti sul nostro territorio sono 20.624, tenendo conto della percentuale relativa all’11% che ha diritto di asilo, ci tocca concludere che soltanto 2.268 sbarcati sono effettivamente profughi.

Resta ora una domanda da porci. È questo il quesito più allarmante. Degli altri 18.356 cosa ne sarà una volta che gli sarà notificato il diniego? Ecco che, all’improvviso, del migrante ai buonisti non frega più un soldo. Egli era importante prima, quando ancora doveva arrivare, o quando era in mare, o quando l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini era risoluto a non fare attraccare in un porto italiano la nave della speronatrice Carola Rackete. Adesso l’extracomunitario potrà essere gettato come roba vecchia sul marciapiede – non si odono proteste, nemmeno in lontananza – e arrangiarsi alla meno peggio. Ché in qualche modo sopravvivrà.

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