Dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, e poi il tonno se lo sono pappato. Dovevano abolire la povertà, e poi l’hanno incrementata. Dovevano abbattere la casta e, infine, si sono trasformati in casta. Abbarbicati alle poltrone come sono e pronti a rinnegare ogni affermazione e ogni ideale sbandierato con fierezza pur di mantenere le chiappe accomodate, come hanno fatto alleandosi con i nemici tanto odiati: i democratici, ossia il “partito di Bibbiano”, come li definiva Luigi Di Maio. I cinquestelle criticano tutti ma non accettano critiche.

Matteo Salvini viene ridicolizzato e attaccato perché, in compagnia della fidanzata Francesca Verdini, si reca a Venezia in occasione della Mostra del Cinema, ma nessuno giudica inopportuna e fuori contesto la presenza a Venezia, con tanto di sfilata sul tappeto rosso, del pentastellato Manilo Di Stefano, sottosegretario di Stato al ministero degli Affari Esteri sia del governo gialloverde che di quello giallorosso, colui che ricorderemo per la gaffe sui libanesi, chiamati “libici”. Scivoloni in materia geografica che non può permettersi un sottosegretario agli Esteri. Eppure se consideriamo che abbiamo a capo della Farnesina Luigi Di Maio, il quale crede che Matera sia in Puglia, abbiamo poco di cui stupirci.

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