All’alba di martedì il premier Giuseppe Conte ha annunciato con soddisfazione non solo la conclusione dell’accordo per il Recovery Fund ma anche l’imminente creazione dell’ennesima task-force, la quale si occuperà della stesura di un piano nazionale di ripresa e “dovrà partire al più presto”.
Sebbene le svariate decine di commissioni messe in piedi negli ultimi mesi e composte da oltre 500 “esperti” non abbiano prodotto nulla di tangibile e positivo, il presidente del Consiglio rende noto subito che ha intenzione di accanirsi nell’uso del suo metodo personale di governare: proposte e decisioni non vengono discusse e raggiunte in Parlamento, con la partecipazione della opposizione, bensì vengono affidate a persone prive di qualsiasi tipo di legittimità popolare, selezionate non si sa da chi e non si sa neppure sulla base di quali competenze e meriti.
Ma c’è di più. Le parole di Conte sono un’autodenuncia, una implicita ammissione di inadeguatezza: questo esecutivo è costituito da ministri non in grado di assolvere alle loro funzioni, quindi è necessario cercare altrove una preparazione brevettata che manca a chi tiene in mano le redini del Paese.
Del resto, non è un caso che proprio in questa fase storica, che vede al potere i cinquestelle – promotori della teoria dell’uno vale uno -, il ricorso ai tecnici si sia trasformato in una consuetudine oltre che una condicio sine qua non. L’esubero di presunti specialisti serve a mitigare, mascherare e supplire la totale nonché talvolta imbarazzante assenza di preparazione di individui che sono passati dal servire bibite allo stadio al ritrovarsi al vertice di dicasteri senza dubbio cruciali.
È la democrazia rovesciata. Eleggiamo i nostri rappresentanti perché amministrino la cosa pubblica e questi, non essendo idonei a svolgere i compiti derivanti dal ruolo acquisito, chiedono soccorso ad altri soggetti che per gli elettori sono perfetti sconosciuti, seppure le indicazioni di questi ultimi abbiano poi ricadute importanti sulla esistenza di ciascuno di noi.
I membri delle task-force agiscono dietro le quinte: non compaiono, non si assumono responsabilità, anche se è facile che il governo si faccia scudo degli esperti per giustificare i propri errori definendoli “scelte inevitabili dettate dagli scienziati”, e non devono rispondere all’elettorato che tuttavia li finanzia.
In un ordinamento democratico coloro che ricoprono ruoli pubblici su mandato del popolo e quindi disegnano le sorti del Paese devono essere individuabili e riconoscibili. E hanno l’obbligo, presentandosi al loro cospetto, di rispondere ai cittadini, non al premier Giuseppe Conte, (peraltro) pure lui mai eletto.
Il rischio adesso è che questo modus operandi diventi una normale prassi, quantunque di normale non abbia proprio niente.
Il direttorio degli “illuminati” altro non è che una forma nuova di regime antidemocratico, ossia avverso al popolo in quanto lo esclude. Una dittatura nella dittatura che fa scempio degli organi rappresentativi costituzionali sulla base del curriculum personale e di oscuri personalismi.