Se la pisciata in compagnia, così come la mortadella e la sfiga, è di sinistra, almeno secondo il cantautore Giorgio Gaber; non vi è dubbio che lo spirito animalista, che pur dovrebbe essere universale, sia di destra. Ed oggi è incarnato, oltre che dalla deputata forzista Michela Vittoria Brambilla, la quale della difesa delle bestie ha fatto la sua missione, anche dal leader della Lega Matteo Salvini.
Quest’ultimo, sebbene sia accusato dai suoi detrattori di strumentalizzare la causa della tutela di cani e gatti per allargare il suo bacino di consensi, appare animato da un’autentica sensibilità nei confronti dei quattro zampe, che lo ha sempre caratterizzato ma che si è acuita nel momento in cui è diventato papà. Del resto, le esperienze di paternità e maternità ci migliorano, o almeno dovrebbero. Risulta che l’ultimogenita del ministro dell’Interno, Mirta, sia appassionata di mici e che questo amore le sia stato trasmesso proprio dal babbo, gattolico convinto dalla nascita.
Il partito democratico, abbarbicato com’è alla lotta per l’apertura, o l’annullamento, delle frontiere al fine di accogliere quanti più immigrati possibile, non si è dimenticato solo di operai, fasce povere, disoccupati, bensì pure degli esseri più esposti alla crudeltà di cui è capace l’uomo. Ed anche questo è sintomo della decadenza di un movimento politico in cui le masse non si riconoscono più nonché divenuto ormai sordo e cieco alle istanze e alle richieste che giungono dal basso.
Così i progressisti italiani non perdono mai l’occasione di attaccare il capo del Carroccio quando questi posta autoscatti in compagnia di pelosetti. Come lo scorso 11 luglio, quando Salvini, allora ministro degli Interni (ancora per poco), postò un video su Twitter rivolgendo un accorato appello agli abitanti della penisola: aprite le porte delle vostre case o contribuite al mantenimento dei 117 cani che si trovano al Cara di Mineo, centro di accoglienza ormai del tutto svuotato. Piccato il commento di Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana: “Davvero si può essere tanto attenti agli animali (o ai voti di chi li ama) e mostrarsi così sprezzanti per la vita degli esseri umani?”. Invece, don Luigi Ciotti, il quale taccia il vicepremier di anteporre le bestie agli individui, osservò seccato: “Prima la Madonna e i Santi, ora pure i cani”.
Salvini, dal canto suo, non fa una piega ed applica la filosofia della ruspa: prosegue per la sua strada passando sopra a critiche, insulti, accuse, illazioni, minacce.
In fondo, chi lo ha stabilito che l’umanitarismo coincida con il folle istinto di autodistruzione che anima coloro che vorrebbero fare entrare nel Bel Paese milioni di migranti privi di documenti e quindi anche della possibilità di lavorare e mantenersi? Gente che finisce con il vivere sul marciapiede, tra la sozzura, nonché di espedienti, persone insomma alle quali, pur volendolo, non possiamo garantire un’esistenza migliore.
Il livello di civiltà di una Nazione non si misura in base alla quantità esorbitante di clandestini che getta ai margini delle strade, bensì dal modo in cui tratta chiunque si trovi in una condizione di fragilità: fanciulli, anziani, e pure animali.
In fondo, il lamento disperato di un cagnolino seviziato per puro divertimento non è molto diverso dal pianto di un bambino.