Il cane è il migliore amico dell’uomo e pure il più fedele alleato dei politici. Silvio Berlusconi, ad esempio, persino in campagna elettorale – poiché fido non ci lascia da soli soprattutto nel momento del bisogno – ha contato più volte sull’appoggio di Dudù, simbolo dell’amore (ormai naufragato) tra il Cavaliere e Francesca Pascale. Il grazioso barboncino nel marzo del 2013 posò sulle pagine social del leader di Forza Italia al fine di promuovere una giusta causa, ossia l’adozione di 150 mila randagi, e non mancò di attirare verso il suo proprietario i voti del nutrito popolo degli animalisti nostrani, i quali si dichiarano convinti che chiunque manifesti tenerezza nei confronti delle bestie, che sia di destra o di sinistra, non possa essere una cattiva persona.
Certo è che tira più un pelo di cane che le vane promesse, annunciate in pompa magna, che ogni volta ci vengono rifilate in procinto del ritorno alle urne. Della capacità dei quattro zampe di catturare consenso deve essere consapevole anche il presidente francese Emmanuel Macron. Egli in questi giorni sta sfruttando il suo trovatello, Nemo, per una nobile crociata contro l’abbandono, supportata da un disegno di legge del governo francese volto, mediante l’inasprimento delle sanzioni e non solo, a contrastare codesta vergognosa pratica, che risulta molto diffusa in Francia dove ogni anno vengono abbandonate 100 mila bestiole. Nemo, che ha cinque anni ed è un incrocio tra un Labrador-Retriever e un Griffon di colore nero, è protagonista di un video postato sui profili social di Macron, il quale, insieme alla moglie Brigitte, nell’agosto del 2017, si recò in un canile nei pressi di Parigi con il fermo proposito di adottare un randagione. Ed è lì che lo statista incrociò il dolce sguardo di Nemo, che allora aveva due anni e una tragica storia di solitudine alle spalle. Fu amore a prima vista. Da quel dì Nemo campa felicemente all’Eliseo dove, oltre ad essere coccolato da tutti, partecipa a tediosi incontri ufficiali e a riunioni a porte chiuse, senza mai mostrare segni di cedimento e mantenendo assoluta riservatezza. Anzi, sembra quasi che gli affari politici appassionino il cagnolone, che non si stacca mai da Emmanuel. È proprio il caso di dirlo: dalle stalle alle stelle. Nei panni di testimonial Nemo appare senza dubbio a suo agio. Il messaggio che gli sta tanto a cuore passa forte e chiaro: chi decide di accogliere un animale in casa deve assumersene la responsabilità e prendersene cura, non può mica sbarazzarsene più avanti come se quella creatura fosse nient’altro che un oggetto. Le bestie gioiscono e soffrono proprio come noi, anzi persino con maggiore intensità, come riteneva altresì il grande scrittore e giornalista Dino Buzzati il quale ebbe a scrivere sul Corriere d’Informazione del 19 febbraio del 1957: “All’infelice animale il cuore galoppa in un’angoscia senza nome, tanto più orribile perché sprovvista, per un cervello canino, di qualsiasi senso comune”. Del resto, un cucciolo mollato sul ciglio di una strada, che vede il suo proprietario allontanarsi, aspetterà fino alla morte il ritorno di questi e non comprenderà mai cosa sia realmente avvenuto, quindi il suo dolore si amplificherà all’infinito. E sarà straziante.
Non soltanto Berlusconi e Macron sguinzagliano all’occorrenza i loro pelosetti nell’arena politica. Si narra che il presidente Vladimir Putin sia molto legato alla sua Labrador, Koni. A Sochi, nel gennaio del 2007, il leader russo, ignorando o facendo finta di non sapere che la cancelliera tedesca Angela Merkel è terrorizzata dai cani, fece entrare improvvisamente la sua Koni nella stanza dove egli era a colloquio con Angela, la quale restò impietrita. Eppure Putin tuttora, con la faccia d’angelo, garantisce di non avere avuto nessuna intenzione di spaventare e mettere a disagio la cancelliera, essendo all’oscuro della sua fobia.
Risalendo indietro nel tempo ci accorgiamo che il legame tra illustri personaggi politici e fido ha radici secolari. Fu Giuseppe Garibaldi, che ospitava decine di bestie orfane, a fondare quella che oggi è l’Enpa, Ente Nazionale Protezione Animali. Pure Camillo Cavour aveva una spiccata sensibilità nei confronti dei cani. Sandro Pertini, invece, considerava il suo barboncino, Trick, alla stregua di un familiare e gli diede degna sepoltura all’interno del cimitero romano Casa Rosa, destinato proprio ai pet. Inoltre, alla Casa Bianca si sono sempre succeduti non solamente i presidenti degli Stati Uniti ma anche inquilini a quattro zampe, poiché si ritiene che la presenza di un cane quale membro della famiglia presidenziale contribuisca ad avvicinare questa alla gente comune e a rendere più affidabile e rassicurante l’immagine di chi è al potere.
E pure i gatti nel sedurre l’elettorato non scherzano. Ma questa è un’altra storia.