Correva l’anno 2016 ed era precisamente il 9 settembre allorché Hillary Clinton, allora candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti d’America, definì “miserabili” i sostenitori del suo antagonista, il tycoon Donald Trump, il quale di lì a poco, sorprendendo il mondo intero, avrebbe vinto le elezioni. Hillary, non celando affatto un viscerale e incontenibile senso di repulsione nei confronti degli elettori aventi la colpa di non prediligerla, non si limitò a questa esternazione, bensì etichettò i cittadini americani che avrebbero espresso la loro preferenza nei riguardi di Trump quali nazisti, fascisti, suprematisti bianchi, misogini, porci. E detto da una che è sposata con un tizio che giocava al dottore con la stagista ventenne nello Studio Ovale della Casa Bianca fa ancora più effetto. Di esporre il proprio programma non se ne parlava neppure. Di fatto, la campagna elettorale del 2016 si tradusse in una vile e poco decorosa operazione di demolizione sistematica dell’avversario nonché di chiunque avesse osato suffragarlo.

Cosa ci ricorda questa metodologia? Esatto, sì. È quella tipica della sinistra, pure in Italia. Essa non ha un progetto da proporre ai cittadini, brancola nel buio e nel vuoto dei contenuti, quindi sventola il fantasma del fascismo e del nazismo per spaventare gli italiani inducendoli a diffidare di chiunque si collochi a destra, di chiunque non la pensi alla sua stessa maniera, per filo e per segno. Dunque, Matteo Salvini, leader della Lega, in questa narrazione diventa il bruto, la bestia (proprio così è stato chiamato anche dai giornalisti schierati a sinistra), il cattivo che non ha pietà per gli immigrati che a frotte, senza documenti, giungono qui mediante le vie illegali. Ed i suoi elettori sono altrettanto ignobili, esseri incolti, volgari, sciocchi, barbari, rappresentazione del peggio del peggio che si annida nell’animo umano. Attraverso la strategia intimidatoria dell’infamia i cosiddetti “democratici” mirano alla tenuta del potere. Essi praticano una distinzione netta tra elettori di sinistra, gente civile e perbene, ed elettori di destra, gente incivile e losca. La funzione di questa separazione è quella di indurre l’individuo a non votare per il nemico al fine di non correre il rischio evidente di essere stigmatizzato in modo negativo. Trattasi, quindi, di uno strumento di controllo e di pressione.

Ormai i radical-chic con la puzza sotto il naso non dissimulano per niente la loro arroganza, quel senso di superiorità che nutrono verso chi non fa parte del loro clan, anzi la espongono e ne vanno addirittura fieri. Come ha fatto su Twitter il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, il quale giovedì mattina, commentando i fatti di Washington, ha scritto: “Guardo e riguardo queste persone sfilare. Chi sono? Proletari, mi verrebbe da dire. Poveracci poco istruiti, marginali, facilmente manipolabili, junk food e fake news, marionette nelle mani di uno sciagurato che li ha usati per il suo potere. È così che si diventa fascisti?”. Innanzitutto, ci tocca complimentarci con Gori poiché ha questa straordinaria abilità, osservando attraverso un filmato di pochi secondi alcuni soggetti, di farne una radiografia completa che include rilievo del livello di istruzione, titolo di studio, professione, denuncia dei redditi, stato psicofisico, gusti alimentari, fonti di informazione, livello di influenzabilità, magari egli è in grado altresì di capire di quali patologie soffrano senza che siano necessari degli esami clinici. In secondo luogo, ci preme sottolineare ciò che è abbastanza chiaro e desumibile dalle parole del primo cittadino bergamasco: “proletario” è sinonimo di “balordo”. Ma la sinistra non era il baluardo del proletariato? Beh, una volta. Quella sinistra è oramai morta e sepolta. Per i progressisti di oggigiorno, che abitano nel centro delle città e vorrebbero meno macchine tra i piedi e più biciclette, poiché così l’aria resta pulita e l’ecologismo va tanto di moda, che non entrano mai in contatto con gli ultimi, allo scopo di evitare di contaminarsi, che difendono le ragioni dei clandestini, salvo scansarli e lavarsene le mani quando gli immigrati approdano sulla nostra penisola, l’operaio è uno sfigato che vota Salvini e Meloni a causa della sua imbecillità. Occorre averne disprezzo e pena. Neppure per un attimo questi eroi che stanno sempre schierati dalla parte della ragione, ossia i democratici, riflettono sulla circostanza che se gli operai, gli abitanti delle periferie, i disoccupati, i disperati scelgono Salvini e Meloni è perché la sinistra li ha abbandonati da un bel pezzo, lasciandoli soli, per interessarsi di sedicenti profughi, rimpasti, piste ciclabili, ius soli e roba simile.

Ovvio che ci si incazzi. Ma non perché si è manovali e senza istruzione, caro Gori. Semplicemente perché si è tanto stanchi.

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