L’assenza di socialità a cui siamo stati costretti per arginare il contagio da coronavirus genera un rischio sanitario maggiore di fumo e obesità e patire la solitudine accresce del 50% il rischio di morte prematura (Royal College of General Practitioners, RCGP). È sulla base di questa evidenza scientifica che il governo del Galles ha inserito nella sua lista di priorità per i prossimi cinque anni il social prescribing, ossia la prescrizione da parte dei medici di attività sociali contro i danni alla salute prodotti dall’isolamento, acuitosi con l’imposizione delle restrizioni. Così potrà accadere, anzi di fatto già succede, che gli operatori sanitari, anziché indicare una terapia farmacologica, raccomandino al paziente di incontrare gli amici ogni pomeriggio, o almeno due volte alla settimana, o di frequentare un corso di ballo, o quattro abbracci al giorno, da assumere sia prima che dopo i pasti. Qualcuno comincia a svegliarsi, dunque: non esiste soltanto il Covid-19, corredato di varianti, bensì ci si ammala e si crepa soprattutto per altre cause e stare chiusi in casa tenendo lontani gli altri al fine di non infettarsi è una di queste.
Il bisogno di amici è identico a quello di cibo, soddisfarlo è indispensabile per restare in salute e in vita, come ha dimostrato la neuroscienziata Livia Tomova con uno studio pubblicato sulle più prestigiose riviste scientifiche. La fame di tocco umano, ove non appagata adeguatamente, produce stress, ansia, depressione, disturbi del sonno e altri sintomi che possono agevolmente evolvere in patologie gravi. Di contro, il contatto è curativo, ovvero può guarire, o almeno e senza dubbio può alleviare in maniera efficace il dolore.
Intanto la prossima settimana al di là della Manica ci si potrà di nuovo abbracciare dicendo addio all’obbligo di distanziamento, così come sarà possibile riunirsi nei locali, pure quelli al chiuso, darsi la mano, parlarsi all’orecchio (quantunque sia poco educato), prendere parte a feste e lunghe tavolate di amici, sbarazzarsi ovunque della mascherina, recuperando quella normalità a cui non siamo più avvezzi. In Italia i cosiddetti esperti (non si comprende di cosa) puntano il dito contro il premier Boris Johnson, accusandolo di avere adottato tali provvedimenti scellerati troppo precocemente. Nel Paese dove il contatto fisico è sempre stato considerato vitale, ovvero l’Italia, non ci è ancora permesso di toccarci. La stretta di mano continua ad essere vivamente sconsigliata e la mascherina al chiuso è d’obbligo, guai a farsi beccare senza. Non è di sicuro una condizione facile per il popolo italiano che ha fama in tutto il globo di essere quello più caloroso, persino troppo. Quando salutiamo, addirittura le persone appena conosciute, siamo soliti baciarci sulle guance, stringiamo le mani in maniera poderosa, mentre chiacchieriamo spesso tocchiamo chi ci sta di fronte senza neppure accorgercene, trattasi di un gesto quasi involontario, manifestiamo il nostro affetto e le nostre emozioni anche attraverso il tatto. Va da sé che siamo in grave sofferenza. Abbiamo bisogno di coccole. A mancarci è la fisicità messa al bando. È forse arrivata l’ora di recuperarla, anche a fronte di una campagna vaccinale in stadio avanzato e agli oltre 57 milioni di iniezioni eseguite. Il governo lo scorso anno ci spiegava che avremmo dovuto mantenerci distaccati gli uni dagli altri fino all’arrivo dei vaccini, ora sono arrivati e sono stati pure distribuiti, non ci sono più scuse per non ripristinare baci, strette di mano, abbracci, carezze. Se proprio ci teniamo alla salute, riavviciniamoci.