Scalare una montagna, partecipare alla maratona di New York o al giro d’Italia, arrivare all’ultimo piano di un grattacielo senza prendere l’ascensore, sollevare pesi massimi, ascoltare un retorico ed inconcludente discorso del premier Conte, non affaticano tanto quanto la quarantena a cui siamo sottoposti oramai da quasi due mesi. Se ti senti anche tu spossato, ti addormenti davanti al televisore, cedi alla pennichella pomeridiana, trovi estenuante persino passare dal letto al divano, ti muovi come un bradipo per casa e nel giro di qualche settimana ti sei impigrito al punto di rinunciare a qualsiasi forma di locomozione, benvenuto nel folto club. Sappi che milioni di individui in Italia, miliardi nel resto del mondo, si sentono proprio come te, ossia stanchi di non fare nulla, poiché il lockdown toglie le forze. In una parola, sfinisce.
Gli scienziati definiscono “stanchezza da quarantena” quella specie di apatia che si è impossessata pure di coloro che fino a poco tempo fa conducevano una esistenza più frenetica che attiva e che utilizzavano la propria abitazione come fosse un albergo, ossia soltanto per dormire e fare la doccia. Complice la primavera, certo, per non parlare del silenzio tombale che avvolge le città, ma appare evidente che: chi si ferma è perduto. Cade in una specie di letargo che atrofizza gli arti e spegne la voglia di fare.
Un affaticamento che nasce dalla testa e che si riverbera sull’organismo, inducendoci a scivolare inesorabilmente in un torpore che fino ad ieri ci era sconosciuto. All’affermarsi di questo stato d’animo generale ha senz’altro contribuito la mancanza per lungo tempo di una data di scadenza sicura che ponesse termine all’isolamento. Ora invece sappiamo che il 4 maggio comincerà la fase 2, la quale vedrà un progressivo se pur flemmatico allentamento delle misure restrittive. Si apre dunque uno spiraglio dal quale penetra un po’ di luce che riscalda le nostre vite oramai arrese e sonnolente. Un raggio di speranza che ci fa intravedere il ritorno ad un barlume di normalità come ipotesi concreta e non più lontana.
Poiché, diciamocelo chiaramente, per sentirci vivi e recuperare alacrità abbiamo bisogno di proiettarci in avanti, programmando, pianificando, progettando il nostro domani. Ecco perché gli psicologi suggeriscono a coloro che sono sottoposti a limitazioni della libertà personale sia di scandire il ritmo della giornata mediante impegni stabili, come fare ginnastica, telefonare agli amici, dedicarsi alle pulizie, alla lettura o al lavoro, sia di fissare dei piccoli traguardi da perseguire nell’immediato futuro. Quindi, occorre tenere presente che la nostra esistenza non resterà circoscritta entro il perimetro segnato dalle mura domestiche.
A determinare questa spossatezza concorre inoltre lo stato d’ansia in cui ciascuno di noi, più o meno consapevolmente, si è ritrovato immerso. Il coronavirus è un nemico sconosciuto ed invisibile, il quale potrebbe annidarsi ovunque, sotto le suole delle scarpe, nell’aria, sulle maniglie, ed aggredirci non appena mettiamo il naso fuori dall’uscio. In tv e sui giornali non si discetta altro che di Covid-19 – ed è ovvio che ciò avvenga – e le continue e martellanti raccomandazioni di lavarsi spesso le mani, mantenere il distanziamento sociale, evitando il contatto fisico come fosse la peste, aggravano il sentimento di agitazione che ci percuote nel profondo.
Gli effetti sulla nostra psiche sono devastanti, anche quando non ce ne accorgiamo. Sono tanti gli italiani che accusano disturbi del sonno, perdita di appetito, o al contrario, fame nervosa, o che appunto sperimentano un’assenza di energie, un abbattimento generale, nonché crisi di pianto, sconforto e malinconia. Del resto, la nostra quotidianità, con le sue consuetudini consolidate e rassicuranti, è stata stravolta da un momento all’altro e lo stress che ne è derivato è ingente.
La mente, alle prese con questa ciclopica operazione di metabolizzazione di quanto ci sta accadendo, si sconquassa e, di conseguenza, l’organismo si indolenzisce. Il moto, quantunque svolto in casa, risulta essere un ottimo antidoto a codesta prostrazione psicologica. Sudare, sudare, sudare, vincendo l’intorpidimento, è ciò che consigliano gli esperti. Il nostro umore migliorerà. E pure la nostra forma, il che non guasta.
Articolo pubblicato su Libero il 24 aprile del 2020