di Fabrizio Maria Barbuto

Se fino ad oggi avete sottratto importanza al lato sentimentale della vita, è arrivato il momento di stravolgere le vostre priorità. Trovatevi una persona da amare e assieme ad essa una mano da stringere: nei frangenti di maggiore dolore potreste averne bisogno.

“Stringimi la mano”: quante volte è capitato di sentirsi sussurrare questo accorato invito da chi, con l’intensità del suo attaccamento, ambiva a placare in noi una pervasiva sofferenza? Ma diciamoci la verità: abbiamo sempre acconsentito alla richiesta con un pizzico di disincanto, senza mai riporre troppa fiducia in questo rimedio naïf che sembra proporsi più quale elemento di distrazione dalla sofferenza, che non quale soluzione per la stessa. Ma una ricerca – condotta da un’equipe di studiosi delle Università del Colorado, di Haifa e di Parigi – dissipa ogni scetticismo: stringere la mano di chi amiamo allevia il travaglio fisico, riducendone della metà la percezione.

L’indagine, pubblicata sulla rivista americana Proceedings of the National Academy of Sciences, si è svolta col contributo di alcune volontarie esposte a fonti di dolore di lieve intensità: le donne che beneficiavano della stretta di mano dell’amato ne hanno tratto un notevole giovamento, manifestando minore sofferenza delle esaminate per le quali il test si è svolto in solitaria, o in presenza di un partner che non ha stabilito con loro alcuna connessione.

Le conclusioni degli studiosi sono state che, nei frangenti di maggiore travaglio fisico, il contatto col partner non offre solo un supporto di tipo emotivo, ma funge da analgesico naturale grazie al rilascio di sostanze antidolorifiche nel cervello. Non soltanto chimica: durante la stretta di mano vengono a crearsi armonie tali da determinare il sincronismo del battito cardiaco e delle onde cerebrali: per prodigio di natura, i cuori battono allora all’unisono.

Qualcosa di simile è stata corroborata anche dai ricercatori dell’Università di Stanford secondo i quali, pur senza che si venga a stabilire un contatto fisico tra due partner, l’amore avrebbe il potere di immunizzare dal dolore, agendo alla stregua di sostanze stupefacenti come la cocaina.

Sean Mackey – coautore della ricerca – ha commentato: «Quando le persone sono in questa fase di amore appassionato, che tutto brucia, sperimentano significative alterazioni dell’umore che influenzano la loro esperienza della sofferenza. Stiamo iniziando a studiare alcuni di questi sistemi della ricompensa attivi nel nostro cervello che coinvolgono la dopamina, un neurotrasmettitore primario che influenza l’umore e la motivazione delle persone».

Lo psicologo Arthur Aron – anch’egli nel team di ricerca – non ha tardato ad aggiungere la sua in merito ai risultati ottenuti: «Le aree del cervello attivate da un amore intenso sono le stesse dei farmaci per ridurre il dolore. Quando pensiamo all’amato, c’è un’intensa attivazione nell’area della ricompensa, la medesima che si accende quando assumiamo cocaina o vinciamo molti soldi.

Insomma, l’amore funziona come i farmaci antidolorifici, e le persone innamorate provano un’intensa sensazione di ricompensa, senza effetti collaterali».

Carte in mano, la droga più potente è da sempre appannaggio dell’umanità, ma, nonostante nessuno inviti a diffidarne, i più tendono ad assumerla con parsimonia, ignorando i sorprendenti benefici che deriverebbero da un’overdose d’amore.

Fabrizio Maria Barbuto

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