Nessuno abitante della penisola ieri sera si è aggiudicato il jackpot dei sogni, che ha raggiunto ora la cifra di 57,5 milioni di euro. Tuttavia gli italiani non si perderanno d’animo e continueranno a confidare nel bacio della dea bendata.
Ma si sa che la Fortuna è cieca, mentre la sfiga ci vede benissimo. E questa, attirata dallo scintillio di oro e diamanti piovuti addosso a chi fino al giorno prima non aveva un soldo in tasca, potrebbe accanirsi contro il vincitore del cospicuo premio. C’è chi sostiene che sia nulla di più di una leggenda metropolitana, chi la considera una stupida superstizione, chi – nel dubbio – preferisce astenersi dal gioco d’azzardo, e persino chi è convinto che la cosiddetta “maledizione della lotteria” non costituisca affatto una fandonia.
Codesta diceria vuole che sul neo milionario, divenuto schifosamente agiato senza sforzi e da un minuto all’altro, si abbattano sciagure di ogni genere. La credenza, in effetti, trova conferma nelle statistiche nonché in una vasta casistica che fa accapponare la pelle. Chi acchiappa una montagna di soldi si ritrova sovente afflitto da malattie, tragedie familiari, dipendenze, ed arriva a rimetterci tutto: beni, affetti, e addirittura la vita.
Forse questo è il modo che la Provvidenza ha scelto per mostrarci ciò che conta davvero, facendoci comprendere l’importanza delle piccole cose o delle persone che ci stanno più vicine e che spesso diamo per scontate rincorrendo chimere. O forse si tratta di una punizione divina, o di una prova: hai avuto tutto e hai sperperato tutto, idiota!
Il monito fondamentale è che in fondo non ci occorre molto per essere felici, sebbene due o tre milioni farebbero comodo a chiunque, diciamoci la verità. Dunque qui ci troviamo davanti ad una decisione vitale: o corriamo il rischio di centrare la combinazione di numeri vincente trasformandoci in zio Paperone, badando bene che potremmo farcela, oppure ci accontentiamo di ciò che abbiamo, quantunque misero. Dopotutto, se non fosse pericoloso, non si chiamerebbe “gioco d’azzardo”.
Secondo il National Endowment for Education Financial, circa il 70% di coloro che si accaparrano una somma ingente di denaro, sono destinati a dilapidarla nel giro di qualche anno. Gestire piccole o medie entrate ottenute mediante il lavoro è facile, manovrare patrimoni a sei zeri lievitati dal nulla è arduo. La possibilità di smarrire il senno è concreta, poiché il nostro cervello non è programmato per un evento di tale portata.
La mia bisnonna ripeteva: “I soldi non basta saperli guadagnare, occorre anche saperli spendere”. Niente di più vero. I vincitori delle lotterie hanno spesso le mani bucate, tanto bucate che qualche volta si ritrovano poveri in canna, alla canna del gas dato che alcuni si suicidano per bancarotta. Essi, inoltre, devono fare i conti con quella che gli psicologi chiamano “sindrome da ricchezza improvvisa”.
In base ai dati raccolti dalla Società italiana di psicologia, per uno su tre, ossia il 35%, di questi nuovi benestanti la qualità dell’esistenza peggiora sensibilmente. Dietro l’angolo c’è la tetra ombra della depressione post-vincita, i cui sintomi sono identici a quelli provocati dal licenziamento, da un lutto, dal pensionamento, dall’impotenza, dal divorzio. Alcune personalità potrebbero incorrere altresì in comportamenti paranoici, sviluppando un’accanita diffidenza verso gli altri, parenti inclusi. Insomma, vincere è un trauma. Perdere, invece, non ha effetti collaterali.
Tuttavia, chiunque auspica di trionfare, mica di scapitare. E chissà quanti di voi leggendo questo articolo penseranno: “Beh, io saprei amministrarli quei denari e manterrei i piedi per terra”. Questo è ciò che ritengono tutti, compresi quelli che si sono rovinati. E se si dovesse centrare il 6, beh, dopo l’acquisto dello yacht, dello chalet in montagna, della villa al mare e dell’attico in centro, di qualche fuoriserie e di un bel po’ di gioielli, gli spiccioli per la psicoterapia di sicuro non mancheranno.