Quella sanitaria si è trasformata anche in emergenza abitativa per un milione e mezzo di famiglie italiane, delle quali 783 mila con disagio abitativo acuto e 692 mila con disagio grave. Nelle ultime settimane, a causa dell’epidemia e delle misure restrittive volte al suo contenimento, un nucleo familiare su quattro ha avuto difficoltà a corrispondere il canone d’affitto, avendo perso le entrate fisse e pure quelle occasionali, e oltre il 40% prevede di non riuscire a pagarlo nei prossimi dodici mesi, dato che la speranza di racimolare un impiego è sempre più flebile.

Le cose non sono andate meglio alle famiglie con un mutuo, che spesso non sono state in grado di coprire le rate, generando un ammontare di crediti deteriorati in seno alle banche di 15,6 miliardi di euro. Sono 100 mila i nuclei che rischiano di diventare insolventi da qui a breve e 160 mila quelli che hanno l’abitazione pignorata, dunque potrebbero ritrovarsi sul marciapiede, minori al seguito.

Questi dati sono contenuti all’interno dello studio “Dimensione del disagio abitativo pre e post emergenza Covid-19. Numeri e riflessioni per una politica di settore”, che Federcasa ha commissionato all’istituto Nomisma

La maggioranza che governa il Paese ritiene probabile una seconda ondata di contagio in autunno con conseguente ripristino della quarantena, eppure non programma interventi seri per soddisfare il bisogno di un tetto da parte degli italiani che vivono in povertà. Pure quella abitativa costituisce una questione spinosa rimandata sine die mediante la proroga al 31 dicembre 2020 della sospensione degli sfratti per gli immobili a uso abitativo e non, misura che appunto non risolve la problematica alla radice bensì posticipa a fine anno, in pieno periodo natalizio, l’impatto deflagrante della pestilenza sul sistema casa.

Inoltre, questa soluzione danneggia pure i proprietari locatori, i quali hanno versato di recente l’Imu e non possono neppure usufruire del proprio bene, facendosi carico di categorie di cittadini a cui dovrebbe tendere una mano lo Stato e non i privati sotto costrizione. Malcontento e rabbia sono inevitabili.

Di certo, non potremo continuare a procedere a lungo attraverso ulteriori rinvii. Tanto più che la situazione economica del Belpaese sta peggiorando: più di una impresa su tre è a rischio chiusura; 3,6 milioni di posti di lavoro potrebbero saltare, il 30% degli abitanti della penisola sta per esaurire i soldi per i consumi essenziali (ne ha ancora per tre mesi), il 40% dichiara di non potere pagare le rate del mutuo, il 30% di non potere andare in vacanza, il Pil ha subito un crollo dell’11,4%, secondo dati e previsioni di Commissione europea, Ocse, Istat e Bankitalia.

Insomma, probabilmente ci attende un autunno rovente, infiammato dalle rivolte sociali, dalla disperazione, dalla fame. Intanto ciò che è sicuro è che 1 milione e mezzo di famiglie italiane vive nel terrore perpetuo di finire in mezzo ad una strada, magari da un momento all’altro.

Durante la quarantena ci siamo resi conto di quanto sia importante disporre di una dimora, che da luogo di transito da cui andare e venire si è trasformata in rifugio, nido, ambiente che protegge da un mondo esterno che può rivelarsi alquanto pernicioso, eppure questo non è stato sufficiente per scuotere la politica affinché venga accordata una tutela effettiva al diritto alla casa, oggi più che mai in pericolo, sotto la pressione di una crisi economica mondiale paragonata a quella del 1929 per effetti e proporzioni.

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