Nelle settimane che hanno preceduto l’epilogo dell’anno più funesto che abbiamo mai vissuto è tuttavia montato in ciascuno di noi un sentimento di speranza, alimentato dall’arrivo dei vaccini nonché dalle fiduciose parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale è solito mettere carne sulla brace e poi intossicarci l’animo con il fumo. Abbiamo fatto resistenza coraggiosa alla tentazione di lasciarci andare, alla disperazione che incombe oscura alle nostre spalle. Ma dopo la mezzanotte, e tanto più quando il primo gennaio ci siamo svegliati in questo 2021, ci siamo resi conto che non soltanto non è cambiato un bel niente, ma oltretutto che un bel niente cambierà.

Questa è l’emozione che si è impossessata di sessanta milioni di italiani. La novella annata si è aperta con le chiusure. Perenni, protratte, prive di senso. Tutto è fermo. Vegetiamo nell’immobilismo soffocante. Permaniamo nella paralisi generale del Paese, che affoga nella zona rossa.

Ci consolerebbe sapere che tali sacrifici, che compiamo oramai da 10 mesi, producano un vantaggio. Ma neppure questo conforto ci è dato, considerato che siamo la Nazione che adotta i provvedimenti più rigidi ma pure quella che ha il più alto numero di morti. Né codesto record negativo incentiva i nostri politicanti a velocizzare le tempistiche relative alla distribuzione dei vaccini. Dal 31 dicembre ad oggi, 8 gennaio, sono state somministrate 413 mila dosi. E il governo ne promette oltre 21 milioni entro fine maggio. Affermare che siamo lenti sarebbe un eufemismo. Procediamo con le zavorre attaccate ai piedi. Adesso la stanchezza è nell’aria. La si respira spalancando le finestre al mattino. E tutto ciò preoccupa, poiché chi è snervato si arrende e accetta qualsiasi cosa, non si ribella ai martellanti divieti, non reagisce ai provvedimenti illogici di un premier che fino a due anni addietro svolgeva la professione di professorino anonimo e di avvocato senza gloria, il quale ha fatto il suo esordio in politica direttamente da primo ministro assoluto che abusa dello strumento del decreto per imporre al popolo sovrano limiti su limiti, reprimendone le libertà fondamentali.

La ragione addotta? Contenere la quota dei morti. Morti che però continuano ad esserci e a crescere, sebbene noi, buoni buoni, ce ne stiamo tappati in casa come topolini e campiamo di ciò che passa il governo, bonus su bonus, mancette, sussidi, persino lotterie del bancomat. I risultati, che si sintetizzano in catastrofe economica e crescita dei decessi, però non inducono neppure l’esecutivo a compiere delle indispensabili riflessioni. No, esso insiste nella sua opera demolitrice dell’Italia e del nostro spirito.

Basta fare un giro per strada al fine di scorgere negli occhi delle poche persone che si incrociano un senso di prostrazione. E le file davanti ai pochi esercizi attivi assomigliano sempre di più a ordinati assembramenti di zombie. La verità è che non se ne può più. E che stiamo perdendo persino l’ultima a morire, la speranza. Ci siamo afflosciati, poiché manca una prospettiva al Paese e manca pure a noi. Non si scorge più un orizzonte. E questo emerge altresì da una svogliata lettura dei giornali, in cui, oltre ai quotidiani sondaggi che danno Conte in testa nella classifica del gradimento, si scrive soprattutto di ipotesi, retroscena, possibile crisi di governo, eventuali e improbabili alleanze, insomma di fuffa, avvalorando la posizione di coloro i quali occupano i palazzi del potere e ritengono che la politica non sia altro che una spregiudicata manovra di corridoio, dove vince il più scaltro.

Intanto là fuori lievitano poveri e disperati, disoccupati e indebitati. E si espande la solitudine nelle periferie e nel centro delle città, quindi pure la depressione, perché se ci sentiamo così, infelici e infiacchiti, è anche perché abbiamo dovuto rinunciare persino all’affettività, ossia ai baci, alle carezze, alle tenerezze, all’incontro con gli altri, alla socialità. Emblematico il caso di una ragazzina di 12 anni che lo scorso 26 novembre, a San Donà di Piave, in provincia di Venezia, è stata sospesa da scuola in quanto ha osato esprimere una vietata emozione di gioia, ovvero in un impeto di entusiasmo ha abbracciato la sua compagna di classe, dimenticandosi che amare è attualmente un delitto.

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