“Quanto bisogna essere masochisti per essere del Sud e votare Salvini?”, si domandava Andrea Scanzi, colui che qualche mese fa – senza che l’Ordine intervenisse – ha scritto che i giornalisti (virgolettando tale termine) di Libero hanno “fattezze sghembe” tali per cui “l’ultima volta che hanno fatto sesso è forse coincisa con la conferenza di Jalta” e altre amenità di questo genere.

La risposta alla domanda è semplice. Oggi non è masochista l’abitante del Mezzogiorno che vota per Matteo Salvini, bensì colui che non vota per Matteo Salvini, il quale da ministro dell’Interno è stato l’unico politico che ha compiuto qualcosa di concreto per porre un argine ai continui sbarchi di migranti clandestini che vanno avanti ormai da lustri.

Sebbene viva da 7 anni a Milano, sono nata e cresciuta in Calabria e conosco il senso di abbandono e di rabbia che provano i cittadini meridionali alle prese con problematiche mai risolte, ma neppure affrontate dal potere centrale, come la disoccupazione endemica (quella giovanile con punte del 60% proprio a Reggio Calabria).

Immaginate queste persone, che già fanno fatica ad andare avanti, le quali si ritrovano quotidianamente invase da centinaia di migranti a cui lo Stato accorda e garantisce, a nostre spese, ogni genere di assistenza. Inevitabile che il sentimento di frustrazione cresca.

Per chi dovrebbe votare questa gente? Per la sinistra degli scandali delle cooperative? Per la sinistra che permette gli arrivi di clandestini pure in piena pandemia? O forse per i cinquestelle che sono complici di questa situazione e che hanno fatto tante promesse, beccandosi in tal modo i voti degli elettori del Sud, salvo poi non mantenerne neppure una.

I meridionali votano Salvini poiché il leader della Lega è l’unico che ne accoglie le istanze.

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