“Con un velo di commozione ho ricevuto la laurea Honoris Causa in Antropologia e un dottorato di ricerca in Human Sciences”, ha annunciato ieri sul suo blog il comico Beppe Grillo, che di casi umani del resto se ne intende e ne conosce in abbondanza. Basti guardare un pochino alla sua cricca, composta da personaggi antropologicamente interessanti, senza dubbio da studiare. A conferire a Grillo codesta onorificenza è stata la World Humanistic University, che ha sede a Miami, ossia in Florida, e a Quito, in Ecuador. Come la fama del nostro Beppe sia giunta dall’altra parte dell’Atlantico non c’è dato sapere. Mentre in Italia il suo verbo inesorabilmente tramonta ed egli si eclissa come la luna, nelle Americhe Grillo viene proclamato dottore.
Il che provoca un certo effetto. Il sospetto che da un po’ Beppe sia fuori di senno è avvalorato pure dal suo messaggio di auguri per il 2020, pubblicato sul suo sito. “Sarà un anno all’insegna dell’ottimismo. Basta avere paura. Siamo terrorizzati da tutto, dal clima, dai cambiamenti climatici, qualsiasi cosa ci impaurisce, i mari che si innalzano e scompariranno spiagge e città”. Fino a qui nulla di strano. Peccato che il titolo del contenuto immediatamente precedente è: “Un mare di plastica ci sommergerà”.
“Dottor Elevato”, si autodefinisce il garante del Movimento Cinque Stelle il quale fino ad ora ne ha solo garantito il trapasso: ogni volta che Beppe apre la bocca il movimento perde voti ed egli possiede innata la capacità di farlo sempre in procinto di elezioni nazionali, o europee, o regionali. Gli viene naturale. Chissà quale altra sparata ci riserverà a ridosso del 26 gennaio, data delle votazioni in Calabria e in Emilia Romagna! Eppure il colpo letale alla sua creatura il giullare lo ha inflitto allorché lo scorso agosto ha forzato un’alleanza con quello che fino a poche ore prima rappresentava l’acerrimo nemico dei pentastellati, ovvero il Partito Democratico, considerato da Grillo e dai suoi il male assoluto dell’Italia, da estirpare, sradicandolo dalle istituzioni, come fosse un cancro.
Invece no. Poi l’Elevato un bel mattino si è svegliato e ha deciso che Zingaretti e Renzi – divenuti all’improvviso “alleati affidabili” – gli stavano addirittura simpatici. Ed eccoci qui. In balia di un governo di litiganti ed una maggioranza che ogni dì subisce l’amputazione di una parte.
Cosa non si fa pur di evitare il ritorno alle urne? Le elezioni anticipate avrebbero sì ridotto i seggi dei grillini, tuttavia si sarebbe potuto ancora salvare il salvabile nonché mantenere un minimo di dignità, o quella virtù sconosciuta ai politici e che prende il nome di “coerenza”.
La cupidigia ha indotto il Movimento a vendere l’anima al diavolo, a finire tra le braccia del “partito di Bibbiano” ed ora ciò che attende i cinquestelle alle prossime elezioni (anticipate o meno che siano) è una catastrofe di proporzioni gigantesche. Chi ne è stato il regista? Grillo, oltre che Davide Casaleggio, con la complicità di tutti gli eletti, terrorizzati all’idea di ritrovarsi senza più un impiego. Eventualità quest’ultima che angoscia lo stesso Beppe. Risulta che questi abbia dichiarato chiaro e tondo al giornalista Tommaso Labate: “Io dovrei convincere i senatori a non andarsene con Salvini? Io ho la villa e un’attività, Casaleggio la sua società ed i suoi soldi.
Ma comprendete o no che, se si dovesse rompere il giocattolo del governo, tutta questa nostra gente che abbiamo portato in politica ce la ritroveremmo sotto casa a chiederci un lavoro?”. Ora di queste parole colpiscono alcuni elementi: in primis che Grillo reputi “un giocattolino” l’esecutivo, del resto i suoi adepti lo hanno adoperato come se lo fosse; che il comico pretenda di farci credere che l’esistenza del Movimento e soprattutto il suo ruolo di forza di governo non abbia giovato alle casse sue e a quelle del presidente nonché tesoriere dell’Associazione Rousseau, ossia Davide Casaleggio.
E, infine, che nella testa di Beppe, a quanto pare ben consapevole che i cinquestelle non sono altro che una ciurma di individui senza arte né parte prestati alla politica, gli italiani si debbano sorbire questo governicchio soltanto per dare da mangiare a deputati, senatori e ministri grillini, i quali altrimenti resterebbero con le chiappe per terra e correrebbero a reclamare un impiego sotto le abitazioni di coloro grazie ai quali se lo sono temporaneamente assicurato. Siamo sicuri che gli abitanti del Bel Paese preferirebbero di gran lunga concedere ai disoccupati pentastellati il reddito di cittadinanza piuttosto che patirne i disastri. Ad ogni modo, se è questa la preoccupazione che assilla Grillo, vogliamo porgergli un modesto suggerimento: una volta abbandonate le istituzioni, i grillini potrebbero recuperare le loro vecchie mansioni.
Quindi il ministro degli Esteri Luigi Di Maio venderebbe bibite, ovviamente non zuccherate e non confezionate nella plastica, allo stadio; Danilo Toninelli, ex ministro dei Trasporti, ricomincerebbe a fare il liquidatore di sinistri per le assicurazioni; Barbara Lezzi, ex ministro del Sud, tornerebbe ad essere una semplice impiegata, cosa che ha fatto per circa vent’anni subito dopo il diploma; il presidente della Commissione parlamentare antimafia, il genovese Nicola Morra, il quale crede di essere esperto di criminalità organizzata poiché ha vissuto in Calabria diversi anni, riprenderebbe l’attività di professore di filosofia nelle scuole superiori; il sottosegretario di Stato del ministero dell’Interno, Carlo Sibilia, il quale non ci risulta abbia mai lavorato, potrebbe fare richiesta del sussidio che ha “abolito la povertà”. E come lui tutti gli altri. Amen.
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Articolo pubblicato su Libero il 5 gennaio 2020