Nel corso del Vertice della Nato, tenutosi a Washington l’11 luglio scorso, il percorso di adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica è stato definito, proprio dal segretario generale Lens Stoltenberg, “irreversibile”. Insomma, la data non è ancora stata fissata ma è certo che l’Ucraina sarà il 33esimo Stato membro della Nato. Tuttavia non è necessario che questo avvenga concretamente perché tale dichiarazione di intenti dia luogo ad un inasprimento di quello che è già un conflitto in corso tra l’Europa e gli Stati Uniti, da un lato, e la Russia, dall’altro. Insomma, avremmo bisogno di parlare di pace e di avviare un dialogo con la Russia, invece pare che ci impegniamo alacremente per aggravare lo stato di guerra mettendo in atto continue provocazioni nei confronti della Russia. Un’altra di queste provocazioni è la decisione della Germania, annunciata a Washington, di schierare missili nucleari americani sul proprio territorio entro il 2026, i quali hanno una gittata talmente profonda da colpire la Russia nel suo cuore.

Qualora Kiev aderisse alla Nato, quantunque si dica che questo avverrebbe dopo la fine del conflitto in corso, il nostro sostegno all’Ucraina, che oggi è stato indiretto e volontario, diventerebbe un coinvolgimento militare diretto e obbligato, in quanto esistono per statuto degli obblighi a carico dei Paesi membri, ovvero saremmo vincolati a scendere in campo. In un nano secondo sarebbe conflitto nucleare mondiale.

Inoltre, tale adesione comporterebbe la creazioni di basi militari e missilistiche statunitensi al confine del territorio russo, a poche centinaia di chilometri da Mosca, le quali costituirebbero una minaccia permanente per la Russia.

Ma di queste conseguenze non sembrano affatto tenere conto i leader europei, che forse dormono. Essi si attengono ad una sola regola e adottano un’unica strategia: continuare ad armare il più possibile l’Ucraina. Ad eccezione del premier ungherese Viktor Orban, il quale, proprio in occasione del suddetto summit, si è dichiarato assolutamente contrario all’adesione di Kiev all’Alleanza nordatlantica. Questa posizione è costata a Orban, che si è ancora una volta rifiutato di sostenere l’appoggio militare all’Ucraina, attacchi e critiche non soltanto da parte degli omologhi europei, i quali lo trattano come fosse un derelitto e un mostro da isolare, ma da parte dei media mondiali, appiattiti su una certa narrazione che non deve essere contraddetta da nessuno.

Tuttavia, il presidente ungherese, sebbene venga ritenuto un fascista guerrafondaio ostile all’invio di armi in Ucraina le quali dovrebbero servire a Kiev per difendersi, è l’unico leader in Europa ad essere impegnato attivamente per la pace.

È un po’ la storia del pulcino nero, che poi si rivela essere non diverso ma semplicemente migliore degli altri. Sicuramente migliore di uno come Macron, che per mesi ha ripetuto che fosse necessario inviare soldati europei a combattere contro la Russia in Ucraina.

Insomma, questi leader continentali vogliono davvero la pace o vogliono la guerra? Da quello che affermano così come da come agiscono risultano essere più orientati verso la prosecuzione di uno scontro che può facilmente assumere proporzioni mondiali.

Ad ogni modo, Orban non si è fatto condizionare dal chiacchiericcio e si è recato in visita (dopo essere stato già a Kiev) a Mosca, dove per la prima volta dall’inizio della guerra è giunto un politico europeo, a Pechino e Ankara. Queste missioni, condannate dall’UE che giura punizioni nei confronti di Orban, fanno parte di un piano di pace studiato dal candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump, il quale ha annunciato già mesi addietro la sua ferma intenzione di fare cessare il conflitto in Europa nel giro di 24 ore qualora venisse rieletto. Al termine di questi viaggi diplomatici Orban ha nuovamente incontrato Trump per aggiornalo di persona riguardo sviluppi ed esiti delle visite.

Mentre i membri della Nato, che pure dovrebbe promuovere innanzitutto, così come prevede il trattato che ha dato vita all’Alleanza, dialogo, concordia e soluzioni pacifiche ai contrasti tra Stati, realizzano scelte che ci spingono verso una guerra nucleare, Orban e Trump, considerati soggetti pericolosi dal mainstream globale, in silenzio preparano la pace.

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