L’Italia è in Europa uno dei Paesi con maggiore disponibilità di acqua, precisamente esso si colloca al terzo posto, dopo Svezia e Francia, nella classifica delle Nazioni a cui l’acqua di sicuro non manca. Quindi occorre chiedersi per quale ragione in questi giorni si parla di crisi idrica nel Mezzogiorno, dove in alcune zone della Sicilia, della Puglia e della Calabria, i cittadini non hanno acqua corrente in casa ormai da mesi, se non saltuariamente, ad esempio una volta alla settimana, o soltanto di sera.

Davvero questo disagio gravissimo, che genera anche danni economici, intaccando ad esempio il settore turistico, è dovuto al cambiamento climatico oppure usiamo sempre la scusa del surriscaldamento globale per giustificare tragedie, danni, disservizi che sono imputabili alle amministrazioni locali e centrali nonché da uno stato di incuria e di abbandono ormai dilagante?

Stando ai dati Eurispes, a causare la mancanza di acqua in intere comunità non sembrano le alte temperature e l’assenza di precipitazioni, fenomeni che incidono in minima parte, ma un sistema infrastrutturale vecchio e danneggiato che disperde risorse idriche che non giungono mai nelle case o dove servono, ossia a destinazione.

Le perdite di acqua lungo la rete di distribuzione, nel 2020, a livello nazionale sono state del 42,2% del volume di acqua immessa, equivalente a 3,4 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno. Il che significa che in Italia ogni giorno buttiamo via 157 litri di acqua per abitante che sono pari al fabbisogno idrico di circa 43 milioni di persone. Nel Mezzogiorno le perdite superano la media nazionale del 42,2%, superando di gran lunga il 50% delle acqua immesse nella rete, come in Basilicata, dove viene sprecato il 62,1%, o in Abruzzo (59,8%), o in Sicilia (52,5%). La situazione di alcuni Comuni italiani è raccapricciante: a Latina si disperde il 73,8%, a Frosinone il 69,5%, a Potenza il 63,9%), a Ragusa il 63%, a Crotone il 61,6%, a Benevento il 61,5%, a Siracusa il 60%, a Oristano il 60,3%.

Forse, invece di costruire ponti, dovremmo pensare ad investire le risorse pubbliche nell’ammodernamento delle infrastrutture idriche. Perché un ponte sullo stretto non serve a un bel niente e non genera progresso e sviluppo in un territorio in cui mancano i servizi essenziali, come la possibilità di tirare lo sciacquone dopo avere usato il wc e di lavarsi.

Si tratta di civiltà e di benessere.

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