A rendere nebulosa la riapertura delle scuole, sigillate dallo scorso marzo, ora contribuisce pure il governatore della Campania Vincenzo De Luca, che si è messo di traverso, ventilando la possibilità che gli istituti scolastici sul suolo campano spalanchino i battenti non il 14 settembre, come ha stabilito il ministero della Istruzione, bensì almeno dieci giorni più avanti, dopo le elezioni regionali, come accadrà in Sardegna, Puglia e Calabria. Quindi, con un prolungamento ulteriore delle vacanze, si farà ingresso in classe alle soglie di ottobre, come accadeva diversi decenni addietro.
Al ministro Lucia Azzolina è insorta l’orticaria: nessuno si adegua più alle direttive del dicastero da lei guidato, che del resto si è dimostrato troppo spesso titubante e inefficace non chiarendo numerosi dubbi che affliggono le famiglie, ed ognuno fa un po’ il cavolo che gli pare.
De Luca, dal canto suo, non mostra incertezze: “Nelle condizioni attuali non è possibile riattivare le scuole”. Punto e basta. Insomma, l’istruzione può attendere, sebbene siamo il Paese più sicuro in Europa dal punto di vista della diffusione del contagio.
Eppure la terra di De Luca dovrebbe dare priorità assoluta a cultura e formazione, dal momento che occupa il terzo posto nella classifica delle regioni con il più alto indice di abbandono scolastico. E non è un caso che proprio in Campania abbiamo il più elevato numero di beneficiari del reddito di cittadinanza, quasi 700 mila, con un importo medio di 629 euro al mese. Infatti la mancata educazione si traduce automaticamente in disoccupazione e miseria nonché in sussidi sociali, quindi in costi per lo Stato.
Se è vero che diploma e laurea non garantiscono oggigiorno un’occupazione, il non disporre di un titolo diminuisce di molto la possibilità di inserirsi in un mercato del lavoro sempre più esigente e ristretto. Le istituzioni dovrebbero promuovere l’istruzione, sottolineare l’importanza vitale dello studio, valorizzare la scuola quale luogo in cui il fanciullo può costruirsi un avvenire prospero, libero e felice, tuttavia avviene il contrario: i politici puntano alla posticipazione del ritorno in aula.
Gli edifici scolastici sono descritti quali posti pericolosi, in cui è facile infettarsi, da cui stare alla larga, e si continua a ripetere che la scuola può aspettare, ossia che possa essere rimandata ancora e ancora a data da destinarsi. Una misura troppo drastica ed esagerata se proporzionata alla quota di infettati, anche a livello nazionale: la percentuale di contagiati rispetto ai tamponi eseguiti non sale mai oltre l’1%, persino quando raggiungiamo il record di test, come ieri, con la bellezza di 99.108 esami in un solo giorno.
Tali indici dovrebbero rassicurarci, eppure producono l’effetto opposto, pure a causa di una stampa che seguita ad offrire una narrazione tesa a spargere allarmismo e terrore, proponendo una lettura distorta dei bollettini quotidiani.
Il risultato? A due settimane dalla data fissata per il rientro in classe è il caos generale, il panico dilaga, i governatori regionali si ribellano all’esecutivo, minacciano di fare di testa loro, intanto Azzolina sorridente ribadisce che la campanella il 14 settembre suonerà per tutti. Lei se la canta e lei se la suona. Tenera illusa!
Il Covid-19 avrebbe dovuto renderci tutti più buoni, invece ora scopriamo che ci renderà più somari. Ed è questa la vera tragedia poiché, pur essendo culla della civiltà, patria del diritto, della letteratura, della arti, l’Italia ha conquistato un primato di cui non possiamo essere di certo orgogliosi: nella UE gli abitanti della penisola sono ultimi per livelli di istruzione. Insomma, siamo i più ignoranti. E nel Meridione, che intende mantenere serrati gli istituti, tali livelli crollano ulteriormente. Nel Mezzogiorno, in base agli ultimi dati Istat riferiti al 2019, poco più della metà degli adulti ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore e nemmeno uno su sei ha raggiunto un titolo terziario, sebbene la laurea agevoli l’accesso al mondo del lavoro.
Stando alle preoccupanti statistiche, dovremmo premere per la riapertura anticipata delle scuole e non posticipata, tanto più che è da febbraio-marzo che i discenti non fanno lezione. Persino la scuola dell’obbligo è stata annientata. Ora è ritenuto d’obbligo il non andarci. Ce la siamo giocata.