L’autopsia eseguita sul corpo di Sharon Verzeni, estetista 33enne che lavorava da qualche mese come cameriera in un bar di Brembate, a Bergamo, ha chiarito che la donna è stata colpita dal suo assassino con una grossa lama per quattro volte, tre alla schiena e una al torace. Sharon, che aveva l’abitudine di camminare di sera allo scopo di dimagrire, stava facendo una passeggiata da sola nella notte tra lunedì 29 e martedì 30 luglio, in via Castegnate, a Terno d’Isola, quando è stata sorpresa alle spalle da chi le ha inferto le profonde coltellate, di cui tre mortali.
Il corpo della donna non presentava segni che lasciassero ipotizzare che ella si sia difesa. Non ne ha avuto il tempo.
Di questo terribile fatto di cronaca vi ho già parlato qualche giorno fa. E ci ritorno perché sono convinta che meriti un’attenzione particolare e che debba porre in allarme la comunità bergamasca. Gli inquirenti indagano, come è giusto che sia, a 360 gradi, ma l’ipotesi di un femminicidio, ossia di un delitto realizzato dal partner o maturato in ambito sentimentale, pare da escludersi. Il compagno di Sharon stava dormendo nella casa dove i due convivevano da circa tre anni, come hanno già appurato i carabinieri. Inoltre, Sergio Ruocco, elettricista, è amato, stimato e rispettato dai genitori di Sharon, i quali sono convinti che egli non c’entri un bel niente con la morte della figlia. Nella vita di Sharon nessuna ombra, nessuna tensione, nessun litigio, nessuna ostilità. Questa giovane non aveva nemici e conduceva una esistenza piuttosto tranquilla e riservata, dedicandosi interamente al lavoro, alla casa e al partner.
È probabile che l’assassino l’abbia puntata e ne abbia studiato orari e abitudini, approfittando quella notte del fatto che Sharon fosse da sola e non in compagnia di Sergio, il quale spesso l’accompagnava in queste passeggiate fatte di sera per sfuggire all’afa.
Questo significa che un uomo se ne andava in giro armato di coltello nell’attesa e nella speranza di utilizzarlo. Ma è anche possibile che, semplicemente, Sharon si sia trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, ovvero che abbia incrociato un killer pieno di voglia di uccidere qualsiasi donna gli capitasse. In entrambi i casi, quell’uomo, quell’assassino spietato e sanguinario, è ancora libero, libero di ammazzare ancora. E di questo dovremmo tenere conto.
Peraltro non è la prima volta in quella zona, ossia nella Bergamasca, in un’area peraltro ben circoscritta, che avvengono misteriosi omicidi di donne, crimini rimasti irrisolti.
A Seriate, in via Madonna della Neve (a una quindicina di km dal luogo in cui è stata accoltellata Sharon), nella notte tra venerdì 26 e sabato 27 agosto 2016, è stata sgozzata Gianna Del Gaudio, 63 anni, insegnante in pensione, uccisa appunto con un taglio alla gola, fatto di spalle mentre la donna lavava i piatti nella cucina della villetta dove abitava con il marito, Antonio Tizzani, intorno a mezzanotte. Il coniuge stava innaffiando le piante in giardino e, quando è tornato in casa, ha sorpreso un uomo frugare nella borsa della moglie mentre quest’ultima giaceva a terra in una pozza di sangue.
Antonio Tizzani, ex ferroviere di 74 anni, fu accusato di maltrattamenti e omicidio. Dopo un estenuante iter processuale egli fu assolto definitivamente nel marzo del 2023. Secondo i giudici, Tizzani è credibile quando racconta dello sconosciuto incappucciato sorpreso in cucina e poi datosi alla fuga e ritengono altresì che chi ha ucciso Gianna possa essere la stessa persona che ha ucciso Daniela Roveri qualche mese dopo l’omicidio di Gianna Del Gaudio.
Daniela Roveri è stata uccisa a Bergamo, quartiere Colognola (a circa 5 km di distanza dal luogo in cui è stata uccisa 4 mesi prima Gianna Del Gaudio), intorno alle ore 20 di martedì 20 dicembre del 2016.
L’omicidio di Roveri, 48 anni, dirigente alla Icra di San Paolo d’Argon, fu archiviato come irrisolto dopo oltre due anni di indagini, ossia nel febbraio 2019. Anche lei fu sorpresa alle spalle nel portone di casa (dove abitava con la madre) e ammazzata con una coltellata alla gola, netta e profonda. L’assassino portò via la borsa, mai ritrovata, con dentro l’iPhone. Gli inquirenti tuttavia interpretarono tale sottrazione come un tentativo di depistaggio, scartando da subito l’ipotesi della rapina finita male. Anche Daniela era una donna riservata, conduceva una vita tranquilla, non aveva nemici.
Il collegamento tra i due casi nacque altresì da un riscontro scientifico. Sulla guancia di Daniela Roveri fu trovata una traccia di dna compatibile con quella scoperta sul taglierino che sarebbe stato utilizzato a Seriate, ritrovato con un paio di guanti in lattice all’interno di una busta della spesa, nascosta in una siepe, due mesi dopo il delitto. La pista venne poi accantonata nonostante di fatto sussistesse tale compatibilità.
E poi, sempre nella stessa area circoscritta, ci sono i casi di Sarbjit Kaur, 22 anni (di cui ho scritto su questo sito qualche giorno addietro), e di Yara Gambirasio, sebbene quest’ultimo non possa considerarsi un delitto irrisolto dal momento che l’operaio Massimo Bossetti è stato condannato in via definitiva all’ergastolo, tuttavia permangono molti dubbi sulla sua colpevolezza, essendo basata la sentenza di condanna, oltre che su qualche blando indizio, su una unica prova scientifica, una traccia di dna, di cui i legali di Bossetti hanno chiesto sempre il riesame, senza ottenerlo.
È assolutamente realistico pensare che nella Bergamasca agisca indisturbato un serial-killer che uccide per il puro gusto di uccidere, servendosi di armi da taglio e individuando le vittime a caso, per strada o a ridosso delle strada, oppure scegliendole sulla base di motivazioni di tipo personale che per ora restano oscure.