Queste Olimpiadi non sono ancora terminate, ma un bilancio è già possibile compierlo. A trionfare è stato l’ideologismo esasperato e schizofrenico che viene anteposto anche al buonsenso, al rispetto delle regole e dell’altro, al sano vivere, alla salute e al benessere generale dell’individuo, in questo caso degli atleti, trattati come bestie, giusto per rendere l’idea.

Sono stati spesi miliardi di euro per gettare fumo negli occhi e trasmettere l’immagine di una Parigi, quindi di una Francia, prospera, accogliente, ricca, brillante, felice, ma poi ci siamo accorti che era tutta una facciata, oltre che una farsa, uno spettacolino di gente travestita di buone intenzioni. Nient’altro che cipria.

All’interno del Villaggio Olimpico gli atleti, giunti da ogni parte del mondo, non se la passano affatto bene e non soltanto perché dormono (o almeno ci provano) su letti di cartone e materassi in plastica, ma anche perché manca l’aria condizionata, cosa che rende il riposare su un materasso plastificato una vera e propria tortura. Tanto che il nuotatore italiano Thomas Ceccon ha lasciato il suo alloggio per dormire all’aperto come un clochard, steso su un asciugamano adagiato sul prato. Il canottiere dell’Arabia Saudita Husein Alireza lo ha visto e gli ha fatto un video che ha postato su Instagram. La foto di Ceccon buttato per terra, divenuta virale, è destinata a divenire anche il simbolo di queste Olimpiadi disastrose, le Olimpiadi della sostenibilità ma insostenibili.

Sia chiaro: non si è trattato di una svista, una dimenticanza. L’assenza dei condizionatori deriva da una precisa scelta ideologica. Gli alloggi del Villaggio Olimpico, dove persino i bagni scarseggiano (come ha denunciato la tennista americana Coco Gauff), non ne sono muniti al fine di proteggere l’ambiente, combattere il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale, il tutto a spese degli sportivi, i quali semmai avrebbero necessitato di essere tutelati dall’afa di quella che è pure indicata come l’estate più bollente di sempre.

Non c’è delegazione che non abbia protestato per le varie criticità incontrate. L’australiana Ariarne Titmus, vincitrice dell’oro nei 400 a stile libero, ha dichiarato che “vivere nel Villaggio Olimpico rende arduo gareggiare”, cioè può davvero compromettere la prestazione.

Insomma, è giusto risparmiare e salvaguardare l’ecosistema recando nocumento agli atleti nei giorni più importanti della loro esistenza, quelli in cui sono in gioco la loro carriera e il loro futuro?

Sono gli atleti i protagonisti delle Olimpiadi, non Macron né Parigi e nemmeno le drag queen. Quindi, gli atleti e il loro benessere avrebbero dovuto essere posti al centro, essere obiettivo fondamentale degli organizzatori di queste competizioni mondiali, le più sgangherate della storia. Invece, in nome della sostenibilità ad ogni costo, sono stati maltrattati.

Secondo il nuotatore Gregorio Paltrinieri, che ha alle spalle già tre Olimpiadi, questa è la peggiore a livello organizzativo. Paltrinieri ha denunciato le condizioni sofferte dagli sportivi: “Io mi addormento sempre alle due del mattino perché nelle nostre stanze manca l’aria condizionata e fa troppo caldo”.

L’aria condizionata manca anche sui bus che servono a trasferire gli atleti dal villaggio olimpico alle sedi in cui si svolgono le competizioni, dove dunque essi arrivano stremati dal caldo e dalla mancanza di riposo. Un salto indietro di parecchi decenni, dato che alcuni sportivi si sono muniti di ventilatore portatile allo scopo di non svenire, come la ginnasta statunitense Simone Biles.

Gli organizzatori, davanti alla valanga di lamentele, hanno chiarito che alle squadre e ai singoli atleti è data la possibilità di comprare autonomamente e portare nel proprio alloggio i refrigeratori. Gli americani lo hanno fatto. Ma c’è anche chi ha preferito lasciare il Villaggio Olimpico al fine di tutelare la salute degli atleti, come ha preferito fare la delegazione britannica.

Considerato che persino il cibo nelle mense è carente (soprattutto poca carne e poche uova), sorge il dubbio che il vero motivo per il quale agli atleti sono state inflitte tali sofferenze non risiede nell’esigenza di essere sostenibili bensì nel desiderio di risparmiare sulla loro pelle.

Più che di sostenibilità ecologica trattasi di sostenibilità economica.

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