A spregio dell’art. 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza (“Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”), da domani entrerà in vigore l’obbligo di green pass per accedere a bar e ristoranti, palestre e piscine, musei e biblioteche.
Tale provvedimento di fatto instaura una netta cesura sociale tra chi è vaccinato e chi non lo è per legittima scelta o poiché, per motivi di salute, non può ricorrere alla vaccinazione anti-covid. Per ciò stesso esso è indiscutibilmente discriminatorio, in quanto opera appunto una differenziazione, una divisione, sottraendo diritti inviolabili ad un determinato gruppo di persone come forma di punizione per non essersi queste ancora risolute a farsi inoculare l’antidoto.
Ecco perché il certificato verde obbligatorio per la vita sociale risulta costituire pure un obbligo surrettizio che poggia sull’implicito messaggio ritorsivo, quindi violento: “Se non ti vaccini, ti penalizzo privandoti delle tue libertà”. Libertà che – è bene specificarlo ancora – sono universali, fondamentali, inalienabili. Eppure il governo spoglia di questi diritti umani il cittadino che non si è ancora vaccinato, ossia che non si è adeguato.
Tutto ciò è molto grave e si inquadra perfettamente nell’ambito di quello sviluppo regressivo delle nostre democrazie innescato dalla pandemia, che ha rappresentato per diversi governi l’occasione per attribuirsi poteri assoluti a cui difficilmente rinunceranno, adottando misure coercitive e autoritarie, con la scusa di tutelare il diritto alla vita e quello alla salute.
Le risposte alla epidemia, tuttavia, dovrebbero essere fondate sui diritti umani e a questi conformarsi, incluso il principio di non discriminazione. Insomma, il governo non può e non deve favorire nuove forme di discriminazione, prevedendo un differente trattamento tra cittadini eguali, allo scopo dichiarato di salvaguardare la popolazione dal contagio.
Questo tipo di narrazione non si regge in piedi, sia perché il Green pass non è una misura profilattica, dato che anche i vaccinati possono contagiare ed essere contagiati, sia perché, quantunque fosse efficace dal punto di vista scientifico (e non lo è), sarebbe comunque una misura illegittima, incostituzionale, lesiva dei diritti essenziali della persona umana.
È raccapricciante che nel momento storico in cui più si discute di discriminazioni connesse alla razza, all’etnia, alla nazionalità, all’orientamento sessuale, al genere, all’identità di genere, stia emergendo, per volontà dell’esecutivo che la promuove e la introduce, una discriminazione altrettanto pericolosa, quella appunto tra immunizzati e non immunizzati. E a varare nonché difendere questa diversificazione sono proprio quei politici di sinistra (ma non solamente loro) che ritengono indispensabile l’approvazione del Ddl Zan contro le discriminazioni. Sembrerebbe una barzelletta, però è realtà. E non fa ridere, non fa ridere affatto.
Non esistono discriminazioni buone e discriminazioni cattive, discriminazioni giuste e discriminazioni sbagliate, discriminazioni belle e discriminazioni brutte, discriminazioni accettabili e discriminazioni inaccettabili, discriminazioni legittime e discriminazioni illegittime, discriminazioni utili e discriminazioni inutili. Una discriminazione è sempre qualcosa da respingere, una anomalia in un regime come il nostro, una mostruosità generata da un autoritarismo inconciliabile con democrazia e civiltà.