Ieri si celebrava la festa degli uomini, ma nessuno di noi se ne è accorto ed il motivo è molto semplice: non ce ne frega un fico secco. Si parla di donne, discriminate, abusate, uccise, o di transgender, che hanno diritto di essere riconosciuti nella loro liquida identità sessuale, ma di uomini non si discute mai come categoria da celebrare, o tutelare. Il maschio, nella nostra società, è sempre carnefice, mai vittima. Il che ci solleva, certo, dal momento che la società stessa è infettata dal virus del vittimismo cronico, per cui per avere successo bisogna sempre presentarsi come martiri di qualcosa o di qualcuno, tanto che è diffuso il fenomeno delle finte aggressioni omofobe per qualche minuto di popolarità. Ad ogni modo, tornando al nocciolo del discorso intrapreso, tacciando il sesso cosiddetto forte di essere violento, brutale, misogino, approfittatore, porco, non rischiamo di produrre una discriminazione a rovescio, ovvero di mettere in una condizione di inferiorità e difficoltà il genere considerato avvantaggiato rispetto a quello femminile?
Secondo una indagine svedese, ad esempio, in alcune professioni, come quelle di infermiere, assistente all’infanzia, assistente sociale, cameriere, maestro, i discriminati veri sarebbero i maschi, mentre la stessa discriminazione non è stata rilevata per le candidate in gara per lavori ritenuti prettamente maschili, come quello di meccanico, camionista, magazziniere. Inoltre, i candidati maschi avrebbero addirittura la metà delle probabilità di ottenere una risposta positiva da parte del datore di lavoro nelle occupazioni a predominanza femminile. Insomma, per quanto il mercato sia fatto a compartimenti stagni, per cui la nostra stessa mentalità fatica a concepire che il meccanico possa indossare la gonna e il collaboratore domestico avere la barba, siamo più propensi a modificare questi stereotipi allorché a dovere essere incluse sono le femmine piuttosto che il contrario.
Ma i maschi sentono di ricevere un trattamento differente o non se ne accorgono proprio? A quanto pare sì, essi spesso si percepiscono discriminati. I dati della indagine Eurofound (EWCS del 2015) indicano che lo 0,7% degli uomini sostiene di avere subito una discriminazione di genere nei dodici mesi precedenti alla indagine, contro il 3,1% delle donne, percentuale quest’ultima più alta, certo, tuttavia adesso sappiamo che anche i maschi sono e si percepiscono discriminati. Per di più, tale percentuale di percezione della discriminazione tende ad aumentare nel tempo: tra il 2010 e il 2015 è lievitata da 0,2% a 0,7%).
Contribuisce ad accrescere questo senso di esclusione l’introduzione delle quote di genere nelle assunzioni e nelle promozioni, quote che inducono i soggetti maschili a convincersi che il merito non serva o che comunque non venga adeguatamente premiato, visto che alcuni candidati del genere più rappresentato in un determinato ambiente professionale possono essere messi da parte a priori dalla competizione proprio a causa dell’appartenenza al sesso maschile, a prescindere da competenze e abilità.
Tuttavia, guai a dirlo. Potreste pagarne le conseguenze, come è accaduto ad Alessandro Strumia, docente dell’Università di Pisa, il quale nel settembre del 2018, intervenendo a un convegno su scienza e discriminazione di genere tenutosi a Ginevra, ha presentato una ricerca, corredata di dati ed evidenze, in base alla quale gli uomini, nel campo della Fisica, sarebbero penalizzati nello studio, nella ricerca e nelle assunzioni, pure quando sono più bravi rispetto alle concorrenti. Sul professore si è scatenata una bufera e lo stesso istituto di ricerca Cern, che aveva organizzato il convegno, ne ha preso subito le distanze rimuovendo dalla pagina web le slide dello studio di Strumia. Questi è stato accusato di essere vicino alle posizioni di James Damore, ingegnere di Google licenziato per avere denunciato pubblicamente la politica di Google che favorirebbe le assunzioni di donne a discapito degli uomini.
Dunque, il professore si è ritrovato mezzo mondo contro, o meglio, quasi tutto il mondo contro, per avere affermato nient’altro che una verità: la Fisica non è sessista nei riguardi delle signore.
“Mai ho fatto discorsi sessisti né ho discriminato mai le donne. Semplicemente ho presentato una serie di dati, elaborati da ricerche degli ultimi anni, che dimostrano che nella fisica non esiste discriminazione delle donne, nonostante in tante al seminario al Cern abbiano voluto sostenere il contrario. I numeri oggettivi semmai danno prova che a livello di assunzioni si richiedono agli uomini parametri più elevati rispetto alle donne”, ha dichiarato il docente.
L’obiettivo del fisico pisano, che ha avuto il sostegno di numerose colleghe, era quello di muovere una aperta critica a “quella cultura politica, spesso non sostenuta dalle donne, che vuole sostituire competenza e merito con una ideologia della parità”. E per questo è stato punito. Non soltanto il Cern lo ha cacciato ma l’Università di Pisa lo ha anche sanzionato eticamente per avere detto la verità. Una verità scomoda in quanto non si adatta alla narrazione dominante che vuole le femmine sempre sfavorite e danneggiate dai maschi. Quei brutti orchi!