A proposito di libertà di stampa e di informazione, la Commissione europea, nel rapporto annuale sullo Stato di diritto, sferra un vero e proprio attacco al governo italiano, arrivando al punto di sostenere che in Italia sia in atto una deriva illiberale che mette seriamente a repentaglio le libertà dello Stato di diritto, prima tra tutte quella di informazione. A finire nel mirino della Commissione è anche la riforma sul premierato e non si capisce perché considerato che in altre Nazioni vigono sistemi presidenziali e simipresidenziali, come ad esempio in Francia, eppure non per questo tali ordinamenti vengono ritenuti non democratici o pericolosi.

La relazione della Commissione, pubblicata astutamente in ritardo quest’anno affinché non compromettesse i negoziati con i gruppi politici conservatori coinvolti nel voto per l’elezione del presidente della Commissione, quindi nella rielezione di Ursula von der Leyen, non è soltanto una offensiva nei confronti del nostro governo ma anche e soprattutto un atto di coraggio e spregiudicatezza di una Commissione che può fare tutto meno che giudicare un qualunque governo per mancato rispetto della libertà di informazione.

Infatti, è bene ricordare che di recente, ossia alla metà circa del mese in corso, la Corte di giustizia Ue ha condannato la Commissione di Von der Leyen per assenza di trasparenza in relazione ai vaccini anti-covid.

La Corte, che ha accolto il ricorso di vari cittadini nonché di eurodeputati dei verdi contro il rifiuto alla richiesta di avere accesso ai documenti relativi ai contratti per l’acquisto di vaccini contro il coronavirus i quali furono stipulati tra la Commissione guidata da Ursula e le case farmaceutiche, ritiene che la Commissione non abbia dato sufficiente accesso ai codesti contratti, censurando per di più le parti relative all’indennizzo in caso di danni e le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi di coloro che hanno partecipato alle trattative per l’acquisto dei vaccini. Tuttavia, è soprattutto quando è in ballo il diritto alla salute, dunque la vita delle persone, che l’informazione dovrebbe essere il più possibile chiara, esaustiva, trasparente, completa.

Insomma, una Commissione che ricorre agli omissis ripetuti quando sono in ballo il diritto alla salute e il diritto di informazione dei cittadini si permette di fare le pulci al governo italiano tacciandolo di controllare gli organi di informazione, di condizionarli, di soffocare la libertà di stampa. Il che appare paradossale.

Immediata la risposta della premier Giorgia Meloni la quale ha scritto una lettera ad Ursula in cui, senza giri di parole, bolla come “bufale” le accuse rivolte al governo italiano da detrattori che si sono serviti del contenuto della relazione della Commissione sullo Stato di diritto nell’UE, le cui “raccomandazioni finali nei confronti dell’Italia non si discostano particolarmente da quelle degli anni precedenti”, per incriminare l’esecutivo di esercitare una ingerenza politica sulla televisione pubblica e di comprimere la libertà di stampa. “Ci dispiace” che “neppure” la Relazione della Commissione “sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione”, ha specificato Meloni, la quale ha confermato “ogni sforzo per assicurare in Italia e in Europa il pieno rispetto dei valori fondanti alla base dell’Unione Europea e l’assiduo impegno a far progredire l’Italia nell’ambito della libera informazione, del contrasto alle fake news e del pluralismo del servizio pubblico radio-televisivo dopo decenni di sfacciata lottizzazione politica”.

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