È l’uomo che non deve chiedere mai. Giuseppe Conte, premier sceso dall’alto dei cieli, si è preso i pieni poteri e se li tiene, quelli che il capo della Lega era stato accusato di avere domandato agli italiani lo scorso agosto, auspicando niente di più che un democratico ritorno alle urne. Allora Giuseppi aveva osservato: “Salvini ha compromesso gli interessi nazionali per i suoi personali. Su piazze e pieni poteri la sua concezione mi preoccupa”, aggiungendo che “il sistema di pesi e contrappesi preclude vie autoritarie”. Il presidente del Consiglio, che non ha mai beccato un solo voto da parte degli italiani e da mesi emette decreti liberticidi eludendo le aule parlamentari, proprio come sono soliti fare i ducetti, rimproverava altresì all’ex ministro dell’Interno la “carenza di cultura istituzionale”, la “scarsa sensibilità istituzionale”, le “scorrettezze istituzionali” nonché la “assenza di cultura delle regole”.

Fa ridere che il foggiano recriminasse a Matteo di snobbare il parlamento, proprio lui che considera le due Camere alla stregua dei ripostigli di casa sua, bugigattoli zeppi di inutili cianfrusaglie. Eppure proprio il primo ministro il 20 agosto aveva dichiarato in Senato: “Ritengo che il confronto in quest’Aula, franco e trasparente, sia lo strumento più efficace per il buon funzionamento di una democrazia parlamentare. Non si tratta di rendere omaggio a mere regole di forma, ma di sostanza politica”. Questi principi sacrosanti Conte deve esserseli poi dimenticati a causa di una gravissima amnesia. Li ha calpestati riducendoli in poltiglia. E sotto i piedi ha messo pure un’altra convinzione. Eccola: “Non posso permettere che questo passaggio istituzionale così rilevante (ossia la presentazione di una mozione di sfiducia da parte della Lega) possa consumarsi attraverso conciliaboli riservati, sui social o in dichiarazioni fatte per strada o in una piazza. Per un ufficiale contraddittorio, l’unica sede in cui il confronto pubblico può svolgersi in modo istituzionale è il Parlamento”, aveva proclamato sempre Conte in preda ad un attacco di dissenteria verbale.

Peccato che poi egli abbia iniziato a decretare circa la vita degli italiani nel cuore della notte, convocando bizzarre conferenze stampa o avviando dirette Facebook (proprio lui che garantiva di avere “sperimentato di persona che è possibile fare politica senza inseguire affannosamente il consenso sui social”), fregandosene un soldo della esigenza di rapportarsi con deputati e senatori, insomma fottendosene del potere legislativo, soffocato da quello esecutivo, stretto nei pugni di Giuseppe. Roba che non avveniva dal ventennio fascista. Ed i suoi ministri fanno altrettanto. In diretta televisiva annunciano importanti proponimenti che riguardano le nostre esistenze inermi. 

Il suo modello, oltre Winston Churchill, a cui arditamente si paragona, è pure Federico II di Svevia. Di quest’ultimo, “sovrano illuminato” (sic!), il pugliese, durante la sua dotta lezione di etica politica impartita al leader del Carroccio sempre il 20 agosto, aveva ricordato il pensiero in base al quale “il potere del sovrano non si deve levare al di sopra della legge”. Piccolo particolare: Federico II di Svevia non era illuminato per niente, del resto nel XIII secolo, epoca in cui visse, l’idea del re illuminato era lontana poiché si tratta di un concetto tipicamente settecentesco. Probabile che il premier si riferisse a Federico II di Prussia, il quale era persuaso che il monarca debba sottomettersi alle leggi che egli stesso emana.

Ad ogni modo, è evidente che Giuseppi, che deve ripassare la storia, declama valori che poi sventra. Oppure deve essersi ricreduto. 

Ieri sera il presidente del Consiglio ha presentato il nuovo decreto, relativo alla Fase 2, che egli chiama “fase di convivenza con il virus”. “Se ami l’Italia mantieni le distanze”, sembra essere questo il nuovo slogan di Giuseppi. In un baleno si sono infrante le speranze di 60 milioni di detenuti che, incollati allo schermo, attendevano con ansia le abborracciate decisioni dell’esecutivo, poiché poco o nulla cambierà rispetto all’attuale regime. Continueranno ad essere “consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute”. Non si potrà lasciare il territorio regionale, se non per i motivi suddetti. Sarà permesso recarsi in visita dai congiunti, purché siano rispettati il divieto di assembramento e gli obblighi di mascherina e distanziamento. Saranno vietati i party privati, le festicciole, i pranzi e le cene con il parentado e gli amici. Si potrà fare attività sportiva rispettando la distanza di due metri. E dobbiamo pure essere grati a Giuseppi che ci concede una boccata di ossigeno.

L’avvocato del popolo ci ha strappato i nostri diritti fondamentali e non sembra avere alcuna intenzione di restituirli ai legittimi detentori. L’esercizio della potestà assoluta dà alla testa, annebbia la vista e, soprattutto, crea una sorta di dipendenza per cui l’accentratore non riesce più a fare a meno dei pieni poteri.

Del suo operato ieri il premier su Repubblica ha rivendicato la paternità: “Gli scienziati e gli esperti hanno il compito di formulare suggerimenti. Le decisioni spettano al governo, e io per primo mi sono sempre assunto e sempre mi assumerò la responsabilità politica delle scelte adottate”. Frasi che provocano un certo effetto, se consideriamo che Conte fin dall’inizio si è fatto scudo di codesto comitato di sconosciuti per giustificare i suoi errori. A proposito delle task force, Conte è stato definitivo: “Lo chiarisco una volta per tutte: in realtà sono solo due quelle che stanno offrendo suggerimenti destinati a orientare le decisioni del governo. Tutto qui”. Non possiamo esimerci dall’interrogarci: a che diavolo servono dunque le restanti 14 o 13 (abbiamo perso il conto) commissioni proliferate nel giro di qualche settimana e brulicanti di centinaia di consulenti (in massima parte di sesso maschile) impegnati nella lotta al virus e nella risoluzione di problematiche da esso derivanti?

Non c’è che dire. Giuseppi è una contraddizione vivente. 

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Articolo pubblicato su Libero del 27 Aprile 2020

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