Prima i cinquestelle e ora anche i dem sono inciampati in un gigantesco equivoco: ritenere che si possa abolire la povertà e pure creare integrazione per decreto. Quest’ultimo è uno degli obiettivi dichiarati del nuovo decreto immigrazione, che cancella i due precedenti, fortemente voluti dal leader della Lega Matteo Salvini allorché era membro del governo gialloverde. Le norme appena introdotte spazzano via le multe milionarie a carico delle Ong, le cui navi peraltro non potranno più essere confiscate neppure quando usurpano le nostre acque territoriali, rendono più agile l’ottenimento della cittadinanza italiana e ripristinano la protezione umanitaria alla vecchia maniera ma con un ulteriore ampliamento dell’istituto della protezione speciale.

Secondo il vicesegretario del Pd Andrea Orlando in tal modo “si riorganizza l’accoglienza per promuovere l’integrazione e garantire la sicurezza per tutti”. Del medesimo avviso i suoi colleghi di partito: le novelle regole favorirebbero l’integrazione. Non si comprende tuttavia come il decreto dell’esecutivo giallorosso possa indurre gli immigrati che giungono attraverso le vie illegali sul nostro territorio, i quali si dimostrano recalcitranti persino ad osservare l’obbligo di quarantena scappando in massa dalle strutture in cui sono ospitati, ad adeguarsi ai nostri usi e costumi, a venirci incontro, a rispettare il nostro ordinamento. Essi infatti non sembrano averne affatto l’intenzione. E non sarà un decreto a integrare chi non intende integrarsi.

Ancora una volta ci tocca rilevare che per il premier Giuseppe Conte e i pentastellati che dal 2018 occupano le poltrone di ministri sia sufficiente varare un provvedimento legislativo per risolvere magicamente problematiche complesse, come la miseria, che i grillini avevano annunciato di avere eliminato con il decreto dignità, e l’immigrazione clandestina di massa, che non è una mera emergenza da tamponare o a cui fare fronte per un po’, bensì una emergenza cronicizzatasi e divenuta permanente, la quale comporta, se non adeguatamente gestita, problemi di sicurezza e di ordine pubblico sul breve e sul medio-lungo periodo.

In base ad un sondaggio commissariato dal quotidiano Il Giorno alla società Ipr Marketing nel 2017, il 31% dei migranti che vivono nel nostro Paese non ha interesse ad integrarsi. Sono gli italiani a doversi conformare alla cultura islamica e non il contrario. Sono gli abitanti della penisola a dovere rinunciare alla mortadella nei tortellini, al crocifisso in aula e persino al collo, a Gesù Bambino nel presepe, alla minigonna, alle statue ignude.

Questo decreto spalancherà porte che sono già aperte, agevolerà i business dei trafficanti di esseri umani e incoraggerà le partenze dalle sponde africane, e sappiamo che “più partenze” significa altresì “più morti”. Esso, in pratica, tenta di legittimare un sistema che è illegale in quanto annulla l’elemento cardine che fa di uno Stato una entità sovrana riconosciuta e riconoscibile: i confini. Aspettiamoci un incremento degli sbarchi, proprio ora che il governo, mobilitando l’esercito, inasprisce i controlli sulla popolazione italiana al fine di contenere il contagio da coronavirus: nessuna sanzione alle Ong ma più sanzioni a chi abbassa la mascherina all’aperto.

Occorre a questo punto ricordare dei dati: dal primo gennaio al 31 luglio del 2019, ossia nel periodo saliente in cui il capo del Carroccio rivestiva il ruolo di ministro dell’Interno, gli arrivi via mare si ridussero del 96,08% rispetto alla stessa fase del 2017 e del 79,89% rispetto alla medesima fase del 2018.

L’aspetto più preoccupante del neo decreto immigrazione è costituito dall’ampia gamma di ipotesi ricorrendo una delle quali può essere riconosciuta la protezione cosiddetta speciale pure a soggetti che non presentano i requisiti per l’attribuzione dello status di rifugiato: in caso di sfruttamento lavorativo, vulnerabilità in senso lato, calamità naturali, persino violenza domestica. Insomma, è sufficiente che un individuo dichiari al giudice che in patria ha patito violenza in casa affinché gli venga accordata la protezione, quindi il permesso di soggiorno con la possibilità di convertire quest’ultimo in permesso di lavoro.

Come se uno dei cittadini piemontesi o liguri che in questi giorni si è ritrovato sfollato a causa del nubifragio espatriasse e pretendesse di essere accolto e mantenuto altrove, o come se una donna vittima di soprusi tra le quattro mura non si limitasse a lasciare il marito o a traslocare, bensì cambiasse continente. Tuttavia, queste schizofrenie sono possibili solo in Italia.

Troppi diritti ai nostri ospiti. E nessun dovere.

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