Era da trent’anni, ossia dal 1990, che non avevamo un inverno così mite, con temperature di 7-8 gradi sopra la media. Fioriscono già nei giardini o nel cemento gli alberi di pesco, con i loro soffici fiorellini rosa, il cielo è azzurro, senza nuvole, l’aria piacevolmente tiepida, al Sud (in Sicilia si toccano i 25 gradi) già qualcuno azzarda il tuffo in mare e persino all’estremo Nord della penisola, addirittura a Bergamo, si registrano 18 gradi.

Gongolano i gretini, i quali ritengono di potere sventolare questo dato e codeste evidenze in faccia a quanti si mostrano scettici davanti alle teorie ambientaliste tanto di moda oggigiorno. In base ad esse il criminale uomo, che ha abusato senza ritegno del pianeta, sarebbe spacciato: entro 10 anni si estinguerà in quanto la Terra diventerà una sorta di deserto in cui si schiatterà di caldo. Lo dice l’attivista svedese Greta Thunberg. E guai a voi a contraddirla, poiché l’ecologismo oggi non è una semplice mania, bensì una vera e propria religione. Bisogna riporre fede nella catastrofe planetaria. Del resto le grandi religioni, cattolicesimo incluso, sono in crisi e gli esseri umani rivolgono il proprio bisogno di credere in qualcosa di trascendente orientandosi verso nuovi pseudo-credi, da cui scaturiscono regole comportamentali, alimentari ed etiche rigorose ed assolute. Chi non le osserva è un nemico, un idiota, o almeno un soggetto da convertire. Insomma, se fa caldo a febbraio è a causa del surriscaldamento globale. Se fa freddo a giugno, idem. Non vi è scampo.

Eppure la scienza e la storia ci raccontano che il clima varia a prescindere dai fattori umani. Non che questi ultimi non stiano influenzando l’ecosistema, pure abbastanza negativamente, tuttavia non in modo così determinante come proclamano i fanatici gretini, dal momento che è provato che nei secoli caldo e freddo intensi si sono succeduti. Ad esempio, il lasso di tempo che va dal IX al XIV secolo (quindi circa 500 anni) fu caratterizzato nella regione del nord Atlantico da un inusuale clima relativamente torrido e perciò questa fase storia è conosciuta con il nome di “Periodo caldo medievale” (PCM). Poi, dal 1300, avvenne un graduale avanzamento dei ghiacci precedentemente ritiratisi o addirittura scomparsi.

Tale ciclo, che va dalla metà del XIV alla metà del XIX secolo, è noto come “piccola era glaciale” e vide un violento abbassamento della temperatura media terrestre, accompagnato da carestie e malattie. Gli inverni furono terribilmente rigidi, tanto che intorno al 1650 il ghiaccio delle Alpi svizzere avanzò a tal punto da inglobare interi villaggi di pastori. In particolare l’inverno del 1709 è considerato da numerosi esperti il più gelido degli ultimi 500 anni. Allora non si moriva di freddo soltanto in Europa, ma anche in America. La glaciazione, purtroppo, era destinata a proseguire per altri 200 anni, ovvero fino al 1850, anno in cui le temperature tornarono a lievitare provocando, nuovamente, la riduzione dei ghiacci. Stadio che stiamo tuttora attraversando. Insomma, è da circa 150 anni che ci stiamo riscaldando e, di conseguenza, i ghiacciai arretrano.

L’azione dell’uomo sull’ambiente, di sicuro, accentua il fenomeno eppure non ne è la causa, in quanto è acclarato che da sempre gelo e calore, raffreddamento e riscaldamento, si alternano. Alcuni scienziati ritengono che a determinare la piccola era glaciale possa essere stata la diminuzione dell’attività solare, però resistono numerose domande sul perché il clima muti in maniera talvolta brusca nel corso dei secoli. Pure gli antichi romani dovettero misurarsi con terribili ondate di calore. Secondo uno studio apparso su Environmental Reaserach Letters Journal, le loro estati non furono meno bollenti delle nostre. Tuttavia a noi va meglio: almeno abbiamo il condizionatore. E pure il frigorifero.

Articolo pubblicato su Libero il 13 febbraio del 2020

libro ali di burro

Il primo libro di Azzurra Barbuto
A 10 anni dalla prima edizione, la seconda è ora disponibile su Amazon in tutte le versioni

Acquistalo su Amazon