Quando giovedì scorso Max è giunto in quella che è diventata la sua casa, ossia il Rifugio Miletta, ad Agrate Conturbia, in provincia di Novara, era magrolino come uno spillo, ma soprattutto stressato. Non dormiva mai, perché aveva paura di chiudere gli occhi, che permanevano sbarrati e atterriti. Stava sempre allerta, non riusciva a rilassarsi, a tranquillizzarsi. Il cinghialino, che ha appena tre settimane, era venuto alla luce solo da pochi minuti allorché la sua mamma è stata massacrata a fucilate su decisione dell’amministrazione provinciale di Biella poiché colpevole di avere cercato riparo in un cortile privato di un casolare di campagna per partorire i suoi cinque cuccioli. I fratellini di Max, affidati insieme a quest’ultimo sempre dall’organo provinciale ad un salumificio con l’ordine di macellarli entro 9 mesi, non sono riusciti a sopravvivere senza la loro madre. Si sono spenti piano piano, per mancanza di cibo, di calore, di cure.

Del resto, era prevedibile che gli addetti di un salumificio non sarebbero stati i soggetti più indicati per occuparsi dello svezzamento della cucciolata, condannata a morte celere e dolorosa. Se Max ce l’ha fatta, il merito è tutto dei volontari, come Alberto Scicolone dell’associazione “Legami di cuore” di Biella, che si sono battuti strenuamente perché gli amministratori, dopo avere decretato l’uccisione della cinghiala, gli consentissero almeno di trasferire il superstite in un ambiente in cui avrebbe potuto ricevere tutto ciò di cui necessita. E questo luogo è appunto il Rifugio Miletta, in cui abitano 130 animali di ogni specie, pure selvatici, recuperati in situazioni disperate e messi in salvo.

Essendo Max pelle e ossa, è difficile immaginare che nel salumificio sia stato allattato ogni due o tre ore, così come avrebbe dovuto, ed è facile ipotizzare che i suoi fratellini siano crepati di stenti, oltre che per la perdita della genitrice. Questa sorte non è toccata a lui, forse perché Max desidera a tutti i costi vivere e forse non fa la nanna proprio per timore di non risvegliarsi più, come è accaduto ai suoi familiari. Li ha visti perire uno ad uno, ritrovandosi da solo nel posto più lugubre del mondo, ossia l’allevamento di maiali destinati al macello in cui ha trascorso due settimane respirando morte, terrore e sofferenza.

Il cucciolo adesso viene nutrito spesso ed è molto vivace, come ci racconta Alessandra Motta, responsabile e fondatrice del Rifugio, che si occupa di offrire protezione alle centinaia di orfani prodotti dalla caccia e dalla brutalità dell’essere umano. Una di queste è Tami, cinghialina rinvenuta riversa sull’asfalto insieme a tre fratelli, due schiacciati ed uno agonizzante in una pozza di sangue. Tami, la quale allora aveva due o tre settimane di vita, riportava un grave trauma cranico, tuttavia non si è spenta. Ora lei e Max, che da ieri ha iniziato persino a giocare, sono inseparabili.

Che vita agra quella dei cinghiali! Ogni dì vengono perseguitati, sterminati, trucidati. Quando finiscono nelle gabbie per il contenimento e si vedono braccate da chi è pronto ad ammazzarle, le mamme arrivano persino ad uccidere i loro piccoli pur di sottrarli alle grinfie degli esseri umani nonché ad un infausto destino. “Si tratta di una bestia mite, per niente aggressiva e coraggiosa. Il cinghiale ha un cuore enorme. Non attaccherebbe mai, si limita a difendere la prole con i mezzi che ha a disposizione”, ci spiega Alessandra, mentre culla l’ultima arrivata, ossia una minuscola volpe di dieci giorni. “Ancora non le abbiamo dato un nome, è giunta qui sabato scorso e soltanto oggi ha aperto gli occhietti. Si trovava in un campo”, ci narra la donna. Di mamma volpe non si sa nulla. Di certo non ha abbandonato la figlia, quindi si ipotizza che sia stata avvelenata o fatta fuori in qualche altro modo.

Alessandra ci parla poi di Cecilia, cinghialina travolta da un’automobile quando aveva circa un mese. Si era procurata così le fratture del bacino e della tibia nonché un trauma cranico. “Ce l’hanno portata in braccio. Sembrava morta. Ma poi abbiamo sentito il suo respiro flebilissimo”. Oggi Cecilia ha tre mesi ed è una giocherellona.

Anche una muflona di nome Dalia fu messa sotto dalle macchine a due mesi. Soccorsa da alcuni motociclisti, ora è ospite del centro ed è sana e felice.

“Curiamo i gatti, i piccioni, le nutrie. Non facciamo distinzioni”, sorride Motta. Il Rifugio Miletta si tiene in piedi grazie all’impegno dei volontari che lavorano 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, e alle donazioni. Questo amorevole impegno ha permesso a Dacca, daina rimasta orfana nello stesso momento in cui è nata, nel giugno del 2018, di crescere. La sua mamma aveva partorito d’urgenza nel campo sbagliato. Ad un tratto ha sentito il rumore della falciatrice, sempre più vicina, ha capito che la sua piccola non sarebbe riuscita a seguirla qualora fosse fuggita, così ha scelto di ripararla con il suo stesso corpo e si è immolata sotto le lame dell’attrezzo. Chi guidava il mezzo si è fermato e, mosso da pietà, ha deciso di raccogliere quel fagottino e condurlo al Rifugio.

Ci consola sapere che esiste questa umanità qui. Quella che tutela ogni forma di vita e non si volta mai dall’altra parte.

Articolo pubblicato su Libero il 3 aprile del 2019

libro ali di burro

Il primo libro di Azzurra Barbuto
A 10 anni dalla prima edizione, la seconda è ora disponibile su Amazon in tutte le versioni

Acquistalo su Amazon