Sono i nostri ultimi sorsi di libertà. Tra quattro giorni, ovvero a partire da venerdì 6 agosto, il governo ci impedirà di accedere ai luoghi chiusi aperti al pubblico a meno che non siamo muniti del green pass, un certificato che attesti che ci siamo sottoposti alla vaccinazione (almeno la prima dose nei 15 giorni precedenti), o che siamo guariti dalla malattia (nei 6 mesi precedenti) o che abbiamo fatto un tampone dall’esito negativo al massimo nelle 48 ore precedenti.

Tuttavia, questa misura, che costituisce già un abuso vincolando illegittimamente il godimento di libertà e diritti inviolabili al possesso e alla esibizione di una certificazione, all’esecutivo dei migliori non basta. Esso infatti è impegnato in queste ore nella messa a punto di un’altra delle sue diavolerie. L’obbligo del green pass verrà molto probabilmente esteso, ampliato. Il certificato sarà indispensabile pure per salire su treni, traghetti e aerei nazionali, persino per salire su convogli che viaggiano nella medesima regione.

Trattasi di gravi limiti posti alla libertà di movimento in base ad un principio di precauzione che risulta però essere del tutto sproporzionato. Inoltre, siamo davvero sicuri che il green pass rappresenti una efficace misura profilattica contro il contagio? Insomma, previene davvero la diffusione della infezione? La risposta è no, dal momento che i vaccinati contagiano come i non vaccinati, sebbene questi ultimi siano considerati quali pericolosi appestati. Una direttrice di un giornale ha scritto che, quando ne incontra uno, si allontana subito con una scusa e corre a infilarsi una doppia mascherina. Di cosa avrebbe paura questa signora pur essendo vaccinata? Di prendere il tifo? Di contaminarsi interloquendo con un soggetto che legittimamente ha scelto di non sottoporsi alla vaccinazione anticovid? Sorvoliamo ché è meglio! Oramai, come ho già detto e scritto, i giornali fabbricano pregiudizi spaventosi.

La funzione del green pass è una sola: ricattare la popolazione non vaccinata affinché si vaccini, sottraendole libertà inviolabili. Esso dunque è una violenza, una misura coercitiva, un ritorsione (“Non ti vaccini, bene, allora non puoi muoverti liberamente”). Lo Stato non dovrebbe ricorrere a questi metodi nei confronti dei suoi cittadini. Sono metodi più consoni all’anti-Stato, ossia alla mafia, che allo Stato, il quale in tal modo favorisce un sentimento di sfiducia nelle istituzioni, diviene nemico del popolo, se ne allontana.

Eppure il governo, anziché tornare sui suoi passi, inasprisce un provvedimento allargandone gli ambiti di applicazione.

Che la ratio del green pass non sia quella di contenere il contagio ma di violentare il cittadino non vaccinato perché si vaccini lo si evince, oltre che dalla circostanza non irrilevante che pure i vaccinati contagiano e possono infettarsi tra loro, dal fatto che nei locali pubblici potrà entrare anche chi ha fatto una sola dose ed è quindi in attesa della seconda. Si tratta dunque di individui non immunizzati, non protetti dalla malattia, dato che non hanno sviluppato anticorpi. Questi potranno accedere in quanto danno prova di essere favorevoli alla vaccinazione e non in quanto immuni al virus. Ecco allora che lo scopo del green pass è dimostrare con tanto di attestato di essersi piegati, sottomessi, rassegnati, adattati al dettato del governo, che impone di sottoporsi obbligatoriamente ad una vaccinazione non obbligatoria. Vaccinazione che l’esecutivo stesso non può rendere direttamente obbligatoria.

Ad oggi il 61,1% della popolazione dai 12 anni in su ha ricevuto la prima dose di vaccino, significa che il restante 39% sarà escluso, ghettizzato, emarginato, isolato e si vedrà chiudere le porte dei locali in faccia poiché non si sarà fatto pungere. Cos’è questa se non una punizione? E punire chi esercita il proprio diritto di scelta ha senso? Scegliere è un delitto, può essere ritenuta una colpa grave, tanto da comportare la perdita della libertà personale?

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