I calabresi non ci stanno più: non vogliono che la loro amata terra venga trasformata in una sorta di lazzaretto da un esecutivo molliccio che tiene i porti chiusi soltanto sulla carta.

I meridionali hanno alzato la testa e la protesta inaugurata domenica contro la sconsiderata gestione dell’immigrazione e della pandemia da parte di Conte & Company è proseguita lunedì con urla disperate davanti al Comune di Amantea (Cosenza), cittadina a forte vocazione turistica dove sono stati condotti 13 dei 26 bengalesi risultati positivi al coronavirus (8 sono stati ubicati a Bova Marina e 5 a Roccella) i quali sono approdati a Roccella Jonica (Reggio Calabria) nella giornata di sabato.

Insomma, dopo il Nord, i giallorossi si giocano ai dadi pure il Sud, coccolato a parole e di fatto ignorato, ed è escluso che possano riconquistarlo nel breve periodo: i calabresi non dimenticano i torti subiti e le fregature.

Gli abitanti di Amantea, i quali per mesi hanno osservato scrupolosamente le rigide misure di contenimento imposte dall’alto al fine di scongiurare in aggiunta ai tanti mali che affliggono il Mezzogiorno anche la pestilenza, chiedono l’allontanamento immediato degli ospiti infetti, temendo che il morbo possa diffondersi al di fuori del Cas (centro di accoglienza straordinaria) in cui dimorano i migranti, sito nel cuore di Amantea, e che la loro presenza possa danneggiare la stagione turistica già difficile.

L’esecutivo, tuttavia, se ne infischia. Esso non sembra disposto a prestare ascolto a queste istanze: gli immigrati restano lì, punto e basta, e a presidio della struttura il governo ha schierato già domenica sera l’esercito, mettendo sotto scorta i clandestini 24 ore su 24. Lievitano le spese dell’accoglienza, tra tamponi, dispositivi di sicurezza, costi sanitari, esami, scorte armate.

Questa scelta, nell’ottica di chi sta al potere, dovrebbe rassicurare la popolazione locale contro il pericolo che i contagiati possano uscire dal centro e andarsene a zonzo disperdendo le proprie tracce sul territorio. Eppure il provvedimento non assolve la sua funzione: Amantea è in fibrillazione, la tensione si taglia con il coltello e l’intervento dei militari, lungi dal tranquillizzare la cittadinanza, la rende ancora più inquieta.

L’estate è rovinata: non ammettiamo turisti per timore di beccarci la malattia, però ospitiamo a nostre spese migranti positivi al Covid-19. Se non è follia questa, è almeno idiozia. Non stupiamoci, quindi, se gli abitanti della punta dello stivale sono sul piede di guerra.

L’unica alternativa vagliata dal Consiglio dei ministri, oltre all’ipotesi della nave-quarantena, è il trasferimento di tutti i contagiati sbarcati negli ultimi giorni in dei casermoni della capitale. In tal modo, però, porteremmo in giro per il Paese degli individui che sono vettori di infezione e la cui circolazione quindi, quantunque si realizzi nel rispetto di ogni precauzione, è altamente rischiosa.

Di attrezzarsi in qualche maniera al fine di impedire nuovi arrivi di migranti non se ne parla proprio. Questa strada non viene nemmeno presa in considerazione.

È il caos totale.

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