L’europeismo tanto decantato dall’attuale governo, quindi dal premier Giuseppe Conte e dalla maggioranza composta da democratici e pentastellati, i quali si sono scoperti all’improvviso ferventi tifosi dell’UE, si arena davanti alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, nonostante il loro carattere vincolante, elemento che impone agli Stati membri di adeguarsi sia alle norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sia alla giurisprudenza della Corte istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione. Nel nostro europeismo a metà, o miope, va bene conformarsi a ciò che ordina e compie la Germania ma è superfluo conformarsi a ciò che sentenzia la Corte di Strasburgo, che dovrebbe essere il nostro faro.
Emblematico è il caso dell’ex 007 Bruno Contrada, 89 anni, che avrebbe dovuto essere risarcito con 667 mila euro per ingiusta detenzione, così come aveva stabilito la Corte d’appello di Palermo lo scorso aprile dopo che sul punto si era pronunciata nel 2015 anche la Corte europea, secondo cui il verdetto italiano era stato illegittimo, in quanto Contrada non avrebbe dovuto essere condannato e neppure processato per concorso esterno in associazione mafiosa. Ieri la Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza della Corte d’appello palermitana che aveva riconosciuto all’ex numero due del Sisde la riparazione per essere stato detenuto ingiustamente, ignorando così di fatto il giudizio della CEDU.
Quindi, da un lato, abbiamo la Corte europea che ritiene che Contrada abbia trascorso 8 anni agli arresti, sia in carcere che ai domiciliari, senza che ne ricorressero i presupposti giuridici, ovvero da innocente, poiché, all’epoca in cui si svolsero i fatti, il reato a lui contestato, quello di concorso esterno in associazione mafiosa, non era stato disciplinato, cioè non esisteva nel codice penale; dall’altro, abbiamo la Cassazione che, pur avendo già revocato la condanna per concorso esterno tenendo conto di quanto posto in luce dai giudici della CEDU, ora ha annullato (non si capisce perché) il risarcimento per la detenzione indebita. Ci sarebbe da chiedere ai giudici della Cassazione: se a vostro giudizio Contrada è stato sbattuto in cella in maniera illegittima, perché mai non avrebbe diritto ad essere indennizzato adesso per la conseguente illegittima carcerazione?
Insomma, questo è un evidente cortocircuito del diritto. Sarà necessario attendere le motivazioni per comprendere cosa abbia indotto la Corte di Cassazione, che pure – come abbiamo sottolineato – si era adeguata al giudizio della Corte europea stabilendo che Contrada non avrebbe dovuto essere condannato e neppure processato, a bocciare l’indennizzo di 667 mila euro a favore dell’ex poliziotto, il quale fu arrestato nel Natale del 1992 e passò 4 anni e mezzo in gattabuia e 3 anni e mezzo da carcerato in casa propria.
Comunque vadano le cose, l’avvocato di Contrada, Stefano Giordano, non ha dubbi: “Ora la palla passa alla Corte d’Appello di Palermo. È probabile che il mio assistito non vedrà mai un centesimo di quanto gli spetta, considerata la sua età e le sue condizioni di salute nonché la lunghezza dei tempi processuali”.
La Corte d’Appello palermitana, che aveva già stabilito il risarcimento, potrebbe nuovamente, nel prossimo futuro, disporre che Contrada abbia diritto alla riparazione, tuttavia per Bruno, il quale si ritrova intrappolato nelle maglie intricate della giustizia italiana ormai da un trentennio, un domani ipotetico potrebbe essere troppo tardi. “Sono senza parole – ha commentato Contrada – Ho sempre avuto rispetto dell’opinione della stampa e ho sempre risposto ai giornalisti. Ma oggi non ho nulla da dire. E non per malanimo né per altre ragioni, semplicemente non ho niente da dichiarare”.
Quasi 90 anni, 30 dei quali trascorsi a difendersi, ieri questa ultima tegola sulla testa, ovvio che non si abbia più la forza, neppure quella di indignarsi.