Sprovvista di argomentazioni e proposte, in piena crisi di identità e scollata dal popolo, la sinistra si è avvitata su un copione che oramai ha stufato ma che pure non si rassegna ad abbandonare: la presa di mira del temuto avversario politico volta a danneggiarne l’immagine mediante un noioso repertorio di accuse pretestuose che non stanno nemmeno in piedi, tanto da risultare ridicole.

Questa condotta non produttiva bensì distruttiva si traduce in continui attacchi al segretario della Lega Matteo Salvini e alla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che, stando a quanto sostengono illustri radical-chic, sarebbero causa di tutti i mali che affliggono la società. È sempre colpa di Giorgia e Matteo. Persino la responsabilità del suicidio del giovane calciatore Seid Visin, ventenne di origine etiope, è stata attribuita a Salvini e Meloni, indicati quali seminatori di odio contro chi non è italiano, sebbene i genitori del ragazzo abbiano specificato che il razzismo in questa tragedia non c’entri un bel niente. Anzi, leggendo alcune carte di Said, si può persino intuire che questi fosse vicino alle posizioni della Lega in tema di immigrazione: spalancare le frontiere a chiunque, in maniera disordinata, agevolando business illegali, traffico di esseri umani, clandestinità, favorisce l’insorgere di una sorta di fastidio da parte della popolazione, la quale non ce l’ha su con il migrante, bensì con quella classe politica incapace di gestire i flussi facendoci travolgere da un fiume di extracomunitari. Nessuno di noi conosceva Said, le sue inquietudini profonde, le radici del suo malessere interiore, tuttavia personaggi come Roberto Saviano pretendono – con l’arroganza tipica della sinistra – di spiegarci che l’atleta si è tolto la vita perché Salvini vuole chiudere i porti e Meloni chiede il rispetto delle leggi e milioni di italiani ritengono che l’accoglienza di chiunque non sia un atto umanitario, bensì un atto disumano, consistente nel pescare le persone dal mare per gettarle sul marciapiede.

Enrico Letta afferma che noi italiani dovremmo scusarci con Visin, addirittura domandare perdono. Per cosa? L’Italia è stata la sua culla, lo ha amato, coccolato, qui Seid ha trovato il calore di una splendida famiglia, ha sperimentato il successo pur essendo ancora un ragazzino, dato che i calciatori sono gli idoli di milioni di adulti e fanciulli. Dunque non ci cospargeremo il capo di cenere, non ci batteremo il petto, non ci inginocchieremo in diretta televisiva allo scopo di adeguarci al conformismo dilagante che impone l’idea che gli italiani siano un popolo di razzisti, schifosi razzisti, che votano Salvini e Meloni poiché sono ignoranti, questo dicono i progressisti quando perdono le elezioni e la loro democraticità si scioglie come neve al sole.

Ma è davvero così? Insomma, gli abitanti dello stivale provano rancore e rabbia nei confronti di chi appartiene ad una razza diversa? Il razzismo non è altro che il convincimento radicale di superiorità di una razza sulle altre. E non ci sembra che gli italiani manifestino codesto spirito. Siamo un popolo la cui generosità ed ospitalità sono addirittura proverbiali, siamo sempre pronti ad aprire le nostre braccia e le nostre case, a tendere una mano al prossimo, a prescindere dal colore della sua pelle e dalla sua provenienza. È il sentimento ad animarci e non il risentimento, quello che ci imputa la sinistra. Siamo la Nazione verso cui tutti si dirigono e che sempre assorbe, mentre le altre erigono muri. Da sempre assimiliamo e includiamo forestieri. Però ora accade che questi spesso non intendano affatto integrarsi. Basta osservare quello che succede nelle metropoli francesi, dove le violenze degli islamici nei confronti degli autoctoni sono quotidiane, e pure nelle nostre città. Gli immigrati impongono le loro leggi, rigettano il nostro stile di vita, ci chiamano “infedeli”, giungendo ad ammazzarci come pegno per garantirsi il regno dei cieli. Ecco allora che la paura che talvolta avvertiamo nell’assistere a perenni sbarchi di migliaia di soggetti senza documenti non è solo comprensibile, ma è pure lecita. Tuttavia neppure questa ci rende ciò che non siamo stati e non saremo mai, ovvero razzisti.

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