“Devo concludere dicendo: ho fiducia. Io sono innocente. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi in questo dibattimento. Io spero, dal profondo del cuore, che lo siate anche voi”.
Queste parole rivolse ai giudici Enzo Tortora, il 15 settembre 1986. La Corte di appello di Napoli lo assolse poi con formula piena dall’accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico per cui era stato arrestato il 17 giugno 1983. Ma la sua vita ormai era stata travolta e distrutta.
Il 17 marzo 1988 il celebre conduttore televisivo viene definitamente assolto dalla Cassazione ed il 18 maggio dello stesso anno muore stroncato da un tumore.
Il caso Tortora rappresenta l’esempio più emblematico di una giustizia giustizialista, così ossessionata dalla ricerca di mostri da diventare essa stessa mostruosa, una giustizia ingiusta, che non esita a mettere nel tritacarne le sue vittime innocenti. Una giustizia di cui il Movimento Cinque Stelle è alto rappresentante.
Può succedere a chiunque di noi di essere accusato ingiustamente, finendo addirittura dietro le sbarre. Sulla base di questa considerazione sarebbe opportuno adoperare un minimo di prudenza nel lanciare sentenze di condanna sulla base delle impressioni o della antipatia che ci suscita una persona.
La chiamano “malagiustizia”, “mala” non sta solo per “cattiva”, ma anche per “malata”. Folle. Essa uccide ma nessuno si sogna di processarla e di metterla in carcere, forse è per questo che commette troppo spesso macroscopici errori: resterà impunita.
Oggi M5s e Pd si sono astenuti dal votare in Commissione giustizia al Senato il dl per l’istituzione di una giornata simbolica in memoria delle vittime di errori giudiziari (circa mille ogni anno). La proposta è passata solo grazie ai voti di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva.