È tornato a ruggire e scalpitare Matteo Salvini, che in quella maggioranza a cui lo scorso febbraio ha scelto di aderire “per senso di responsabilità” ci sta fin troppo stretto, e non per colpa della Nutella. La politica è compromesso, su questo non ci piove, tuttavia ci sono questioni non negoziabili e provvedimenti intollerabili, come l’eventuale proroga dello stato di emergenza addirittura fino al 31 dicembre, ritenuta necessaria dal premier Mario Draghi. A tale ipotesi il leader della Lega si oppone tenacemente, convergendo ancora con chi è rimasto al di fuori dell’esecutivo, ossia con Giorgia Meloni e il di lei partito, FdI.

Del resto, il centrodestra era contrario lo scorso luglio, sotto il governo Conte II, al prolungamento dello stato di emergenza e sarebbe poco coerente da parte del capo del Carroccio dichiararsi pronto a sposare l’idea che tale ulteriore estensione di uno stato di eccezionalità sia giusta e inevitabile dodici mesi dopo, anche perché dall’estate del 2020 importanti cambiamenti sono sopravvenuti. Ora, innanzitutto, disponiamo dei vaccini e la campagna vaccinale procede a gonfie vele, ed è noto che l’assenza di antidoti ha rappresentato un anno fa la principale motivazione posta alla base della protrazione, pretesa dai giallorossi che tuttora la difendono. In secondo luogo, non possiamo trascurare il fatto che lo stato di emergenza costituisce qualcosa di straordinario che quindi deve essere limitato nel tempo, passare da proroga in proroga lo trasforma in uno stato permanente e nessuna emergenza è né può essere continua, lo indica il vocabolo stesso. Secondo Salvini, con il 95% di copertura vaccinale per gli over 80 e l’immunizzazione dei soggetti più vulnerabili, “non ci sono i presupposti per trascinare lo stato di emergenza, che nei fatti non esiste più”. A dirlo sono i dati, punto. L’ex ministro dell’Interno sottolinea che semmai sarebbe indispensabile “accelerare sul ritorno alla normalità e affermare che il peggio è alle spalle”, non di certo creare allarmismi. Insomma, interrompere qui lo stato di calamità gioverebbe al Paese intero in quanto fungerebbe da iniezione di fiducia verso il domani, cosa di cui gli abitanti della penisola hanno urgente bisogno.

Senza mezzi termini Meloni. La proroga? “Una follia”, tuona la segretaria di FdI. “Ad un anno e mezzo dallo scoppio dell’epidemia non è più accettabile che le più elementari norme della democrazia e i principi dello Stato di diritto come la libertà di movimento e d’impresa possano essere calpestati o violati dal governo nel nome dell’emergenza”. E anche Meloni parla di “ritorno alla normalità”, pure perché “il nostro ordinamento è in grado di gestire la pandemia con i poteri e gli strumenti ordinari di cui già dispone, nel rispetto della Costituzione e del Parlamento”.

Lo stato di emergenza, dunque, non sarebbe che un pretesto per aggirare le procedure democratiche, eludere ancora le Camere, concentrare tutto il potere nelle mani dell’esecutivo. L’abuso dei poteri presidenziali e lo svuotamento dell’attività del Parlamento con la scusa della pestilenza in corso nonché della necessità di salvare vite umane sono stati i metodi illiberali adoperati dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, criticati con ferocia dai partiti che stavano all’opposizione, Lega inclusa, la quale adesso, pur facendo parte del governo, non può fingere che la proroga dello stato di emergenza fino alla porte del 2022 non sarebbe un eccesso.

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