È entrato nella fase giacobina, oltre che decadente, il Movimento Cinque Stelle: destituzioni ed avvio di procedure di espulsione, rastrellamenti, minacce, terrore ed intransigenza nei confronti di tutti coloro che non si piegano al dettato del partito. Quest’ultimo impone non soltanto l’obbligo di votare come stabilisce ed indica il direttorio ma anche quello di pagare il pizzo mensile di 300 euro all’Associazione Rousseau, presieduta dal privato cittadino Davide Casaleggio, il quale ha ereditato la sovranità sul Movimento dal padre Gianroberto.
Sembravano compatti come una testuggine, inespugnabili come le mura di Troia, inseparabili come gemelli siamesi, sempre d’accordo su tutto come pappa e ciccia, invece gli eletti grillini si stanno inesorabilmente disgregando insieme al movimento di cui fanno parte e si puntano i coltelli l’uno contro l’altro, inaugurando una sanguinosa fase di guerra civile.
È la fine. Già da tempo annunciata e prevedibile di un organismo politico che è rimasto sempre in incubazione, che è diventato partito ed è arrivato al governo senza mai farci capire cosa diavolo fosse. Ciò che si basa su fondamenta fragili ed incerte è destinato prima o dopo a crollare, determinando morti e feriti. Dopo l’addio dell’ormai ex ministro della Istruzione Lorenzo Fioramonti, uscito non soltanto dal governo bensì anche dal gruppo parlamentare alla Camera, e l’espulsione del senatore Gianluigi Paragone, decisa dai probiviri a Capodanno, il Movimento ieri ha perso altri due pezzi: i deputati Nunzio Angiola e Gianluca Rospi.
Rospi amari da ingoiare per Gigino. Questi, tuttavia, ostenta tranquillità e, come se non gli desse preoccupazione la possibilità di una decimazione degli eletti ancora prima di andare alle urne, si mostra addirittura intenzionato a decretare nuove epurazioni, stavolta nei confronti di coloro che non versano i 300 euro mensili alla Associazione Rousseau o che non destinano parte del proprio stipendio al fondo comune per le iniziative benefiche. Sebbene non brilli per arguzia, dubitiamo che Di Maio non si renda conto di essere nei guai fino al collo e che non senta il Movimento tremargli sotto i piedi.
Alla Camera i parlamentari sono passati da 222 a 214, mentre al Senato da 112 a 100. Cifre che assottigliandosi mettono in serio pericolo pure la tenuta del BisConte, oltre al futuro del Movimento, crollato dal 33% (percentuale dei consensi ottenuta il 4 marzo 2018) al 16% circa (secondo gli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto). Mantenendo questo ritmo, ossia perdendo il 10% dei consensi l’anno, come è accaduto negli ultimi dodici mesi, il Movimento a fine 2020 potrebbe attestarsi al 5-6% e sei mesi più avanti estinguersi come il Tirannosauro Rex. Questo nella più rosea delle ipotesi.
“Non facciamo come i partiti, evitate gli attacchi, inclusi quelli nei confronti degli espulsi”, raccomanda il ministro degli Esteri ai suoi. Piccolo tenero Gigino, non si accorge affatto che essi sono come tutti gli altri partiti, compongono la stessa melassa, anzi rappresentano il peggio del peggio di quell’élite parassitaria che avvinghiatasi sul gruppone della cosa pubblica non vi si stacca, come fosse un fungo, o una zecca. Il pugno duro che Di Maio, Grillo e Casaleggio hanno scelto di adottare nei confronti dei dissidenti o di coloro sospettati di esserlo è perfettamente in linea con lo spirito spiccatamente pentastellato: illiberale, dittatoriale e giustizialista.
Si prospetta un mese di gennaio nero, addirittura tragico: nelle prossime settimane potrebbero essere avviate 30 nuove procedure di espulsione. Si tratta quasi di un tentativo da parte di Gigino di mantenere salda la sua leadership spargendo sangue, soprattutto adesso che è venuto a galla un conflitto rimasto sempre latente, quello tra lui e l’ex deputato Alessandro Di Battista, il quale si è schierato al fianco dell’eretico Paragone, insieme a Barbara Lezzi, la quale si è legata al dito l’essere stata liquidata dal ruolo di ministra nel passaggio dal Conte I al Conte bis. C’è odore di scissione nell’aria. Intanto Fioramonti sta mettendo su il suo gruppo parlamentare, che prenderà probabilmente il nome “Eco” e – si mormora – dovrebbe essere composto già da 20 deputati.
Molti avevano previsto la dipartita del Movimento Cinque Stelle. Pochi si aspettavano che essa sarebbe stata così repentina. I grillini hanno dribblato le urne elettorali. Ma non quelle funerarie.
Articolo pubblicato su Libero il 4 gennaio 2020