di Fabrizio Maria Barbuto

“Il più buono dei rossi ha buttato il padre nel pozzo”; questo vecchio detto bergamasco – che affonda le sue radici tanto nella storia quanto nel pregiudizio – la dice lunga su come i rossi abbiano generato attorno a sé le fantasie più ottuse.

I fulvi, proprio come i gatti, hanno conosciuto sia tempi di idolatria che di persecuzione, e la letteratura ha largamente contribuito ai secondi: “Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi, ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo”. È così che Giovanni Verga si esprime nel suo Rosso Malpelo (1878), contribuendo ad accrescere vecchie credenze millenarie prive di fondamento, alcune delle quali concepivano i rossastri quali creature del demonio.

Viene da chiedersi se con essi si sia accanita più la genetica o la bibliografia; la prima, infatti, li vuole ad alto rischio di cancro della pelle, soggetti a invecchiamento precoce, sensibili agli sbalzi termici e con una bassa soglia del dolore, tanto da aver bisogno di dosi superiori di anestetici. Eppure Ulisse (che secondo le più note leggende avrebbe avuto i capelli rossi) ha superato incolume ogni impresa, senza accusare mai gli acciacchi di una vita estrema. Così come Elisabetta I, dal temperamento tenace e resiliente.

Ma cos’è stato a favorire i natali di questo affascinante gene noto come rutilismo che conferisce ai rossi le loro tipiche sfumature cromatiche? La nuvolosità dei territori in cui si è sviluppato!

Si sa che la natura sa provvedere a se stessa, ed è esattamente ciò che ha fatto quando l’uomo si è spinto nei paesi più freddi, come la Gran Bretagna e l’Irlanda (dove si registrano le maggiori concentrazioni di rutilismo), riducendo la sua produzione di eumelanina e alzando quella di feomelanina (responsabile della pigmentazione rossiccia), affinché anche un’illuminazione solare più bassa fosse sufficiente a produrre vitamina D.

Ma se il vostro sogno è quello di mettere al mondo un figlio con la chioma rossiccia di Nicole Kidman o con la efelidi di Eddie Redmayne, sappiate che le possibilità che ciò avvenga si riducono di generazione in generazione.

Un rapporto del 2007 – citato nel National Geographic – conferma che simili caratteristiche sono destinate all’estinzione, pur restandone in circolazione il potenziale genetico. Già adesso risulta molto difficile portare in grembo un bimbo pel di carota, se si pensa che il suo concepimento deve essere coadiuvato dal patrimonio genetico di entrambi i genitori. Questo fa sì che anche da due individui scuri possa nascere un pargoletto vermiglio, purché il rutilismo sia una caratteristica presente sia nel DNA di mamma che in quello di papà.

Ma ai posteri – cui forse sarà impossibile confrontarsi con questo leggendario adattamento della natura – resteranno da contemplare i capolavori della pittura, una delle poche forme d’arte che abbia reso giustizia alla spettacolarità dei rossi, o meglio delle rosse: basti pensare alle incantevoli donne delle opere di Tiziano; che dire poi delle tele mozzafiato di Botticelli, il quale ha conferito alla dea della bellezza i connotati di una fanciulla fulva ne: La nascita di Venere?

Ai cinefili sarà invece concesso di arroventarsi alle temperature incandescenti del rosso posticcio di Rita Hayworth in Gilda, che nei secoli non smetterà mai di appiccare il fuoco della passione nei sogni erotici degli uomini di tutto il mondo.

Fabrizio Maria Barbuto

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