Per la sua barbara uccisione nessuno protesterà né si straccerà le vesti né pretenderà giustizia. Se ne parlerà un giorno, forse anche meno, sì e no qualche ora, poi la piccola comunità di Somma Vesuviana, Napoli, dove questi fatti sono accaduti, si occuperà di altro, dato che “i cristiani sono più importanti delle bestie”.

E il motivo è semplice: Willy, cagnolino randagio ammazzato per strada con tre colpi di fucile bene assestati da un settantenne del posto, non apparteneva a nessuno. Tutta la vita – troppo breve – il cane aveva sognato di finire come quei suoi simili che malinconico osservava passeggiare felici mattina e sera, ossia al guinzaglio di un padrone, un padrone buono, che se ne prendesse cura, che lo sfamasse, che gli desse un riparo, calore, amore. Tutte fantasie, speranze puntualmente infrante, vane attese, addirittura sciocche.

Non anima viva lo ha mai fatto entrare in casa, quella soglia buia gli era preclusa, e Willy con gli occhietti vispi e curiosi, da lontano, cercava di scorgere quel remoto universo di sicurezza che gli era proibito. Così, con il tempo, si era convinto di essere brutto, immeritevole di essere amato e protetto. Tuttavia, il bastardino brutto non lo era affatto. C’era chi non gli negava qualche coccola e i resti del pranzo e della cena. Insomma, qualcosa nello stomaco la bestiola la metteva sempre e ringraziava scodinzolando. E talvolta si considerava persino fortunato, tranne durante quelle giornate di freddo, quando il gelo penetra le carni attraversando la fitta corteccia del pelo, e punge, Dio solo sa quanto punge, come una miriade di spilli.

Però sabato pomeriggio l’aria era tiepida, il cielo azzurro, sgombro di nuvole e i raggi del sole piacevoli come tenere carezze. E Willy si sentiva stranamente lieto. E aveva persino voglia di giocare con una cagnolina che passava di lì insieme al suo proprietario. Tutto è avvenuto all’improvviso. Il tizio è rincasato, stufo di trovarsi quel bastardo sempre tra i piedi, assetato di sangue, pieno di rabbia, intriso di desiderio di uccidere, uccidere qualcuno che nessuno avrebbe reclamato mai, l’essere più fragile e indifeso al mondo. Quindi, ha imbracciato il fucile, dopo averlo caricato, è corso in strada, ha puntato l’arma contro Willy, che lo guardava con la sua solita dolce e commovente fiducia, quella tipica dei cani. E poi ha sparato. Bum. E Willy non capiva. Solo un dolore fitto lo ha colto. E poi ancora bum. Allora Willy ha sollevato gli occhietti verso quell’uomo, come per chiedergli il perché. Ma l’uomo era freddo, indifferente, muto, con una specie di sorrido beffardo e perfido impresso sul volto mostruoso. E Willy non capiva. Solo sentiva quel dolore sempre più forte. E quella paura che gli diceva di scappare, però le zampe non riuscivano a muoversi.

Willy ha fatto qualche metro, in cerca di un rifugio, di un angolino nascosto, dove leccarsi in santa pace le ferite. Barcollava. E ancora bum. Allora le zampe anteriori si sono piegati, quasi collassando su loro stesse, e il cucciolo è stramazzato al suolo, perdendo sangue. Intanto la gente dalle abitazioni vicine accorreva, qualcuno sollevava Willy, la testa ciondolava, ma il cane era ancora vivo, esalava l’ultimo respiro guardando intensamente negli occhi quell’umanità che lo aveva tradito.

Quella umanità, che siamo tutti noi, la quale ha ritenuto sempre Willy soltanto un randagio, addirittura un fastidio, un ammasso di pulci da tenere a distanza e a cui lanciare addosso tutt’al più qualche avanzo. “Meglio così”, mormorerà qualcuno. “È solo un animale”, sospirerà qualcun altro.

Il corpo senza vita di Willy era ancora sull’asfalto, già rigido e freddo, quando sono giunti i carabinieri i quali hanno domandato conto all’assassino del suo crimine e lo hanno poi condotto in caserma. Intanto l’anziano pensava: “Tutto questo casino per un cane, un cane di nessuno”. “Dava fastidio alla mia cagnolina”, si è giustificato il criminale, il quale aveva solamente frenesia di massacrare, di strappare la vita, di annientare. E Willy era lì. Disponibile. E non era di nessuno.

Era soltanto di Dio.

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