Gli mancano 5 centimetri per arrivare al metro. Eppure egli si sforza, si ingegna, si impegna, ma non ce la fa. Del resto, la più grave lacuna di Giuseppe Conte non è già quella che lo ha costretto a circondarsi di quindici squadre per un totale di quasi cinquecento esperti i quali hanno giurato guerra al coronavirus senza realizzare alcunché. No. Il difetto risiede altrove e va rintracciato nel come e nel perché Giuseppi tiene poggiate le terga sullo scranno di presidente del Consiglio dei ministri senza manifestare il benché minimo proponimento di rinunciare alla poltrona, per ottenere la quale sembra quasi che abbia ordito da anni e anni una attenta e meticolosa pianificazione, a cui si è sommata la cosiddetta “botta di culo”. Poiché al foggiano nulla piace di più della gloria, quantunque vana.
Egli vive per le telecamere, le dirette, le interviste, gli interventi in tv, le fotografie con fronte corrugata che lo catturano in perfetta posa mentre è intento a leggere oscure carte con la testa china sulla sua scrivania. Talvolta davanti all’obiettivo arriva persino a piangere per il suo popolo, che non lo ha mai votato e lo subisce. Però questi sono minuscoli dettagli. Di cui al premier, ringalluzzito da sondaggi che misteriosamente lo elevano a idolo nazionale, non importa un fico secco. Questo è il suo momento. Nessuno osi rovinarglielo. In fondo, oggigiorno a cosa servono i voti se ci sono le intenzioni di voto dei sondaggisti a legittimare premier sbucati fuori dal nulla?
E Peppino prova a convincerci di ciò che ripete oramai da mesi: egli non è perfetto, ma poco ci manca, ed il suo governo idem, in quanto le ha azzeccate tutte, anticipando gli altri Stati del sistema internazionale nell’adozione di misure precauzionali. Peccato che questa elogiata profilassi non sia servita affatto, anzi si direbbe che ci abbia danneggiati, se consideriamo il numero esorbitante di contagiati e trapassati.
Già a fine dicembre era noto che in Cina circolasse un virus. E vabbè, nessuno poteva immaginare la sua virulenza né la facilità con cui esso si trasmette da uomo a uomo. Affidandosi agli scienziati e badando bene di non fidarsi della opposizione che chiedeva dal principio l’obbligo di quarantena per chiunque, cinese e non, giungesse dalla Cina, Giuseppe ha mantenuto attivi i voli dalle zone infette all’Italia, salvo annunciare in ritardo l’interruzione dei voli diretti da e per la Cina.
Era il 31 gennaio scorso, ci preme ricordarlo. Il giorno prima l’Organizzazione mondiale della Sanità – anch’essa in gravissimo ritardo, ove teniamo conto che la Cina il 31 dicembre aveva segnalato casi di polmonite ad eziologia ignota – aveva dichiarato emergenza di sanità pubblica di interesse globale l’epidemia di coronavirus in corso in Cina. Bene, vediamo che c’è stata una catena di indugi e rallentamenti di cui Conte vorrebbe attribuire la colpa alla Regione Lombardia, ossia propria alla vittima principale degli abbagli, degli errori e degli orrori del primo ministro.
Peraltro, sospendere i voli diretti, azione di cui Giuseppe si è vantato tanto, è stata una boiata pazzesca, in quanto mediante quelli indiretti ogni giorno sono atterrati sulla nostra penisola, eludendo qualsiasi tipo di supervisione, centinaia e centinaia di persone provenienti dalle aree in cui il contagio era esteso. In più, sottoporre alla quarantena era ancora reputato dall’esecutivo un abuso di tipo razzistico e non un indispensabile strumento preventivo.
Meschinità di cui sono capaci i “neofascisti” come Matteo Salvini, certo, mica la maggioranza, impegnata a pubblicizzare la campagna “abbraccia un cinese” e altre stronzate simili. Siamo andati avanti così finché il 21 febbraio non ci siamo accorti di avere importato il Covid-19, allorché il paziente 1, cioè il primo paziente gravissimo in Italia e italiano, non è stato ricoverato in terapia intensiva. Era già troppo tardi. Bravo, Conte, lavoro ben sfatto. Eppure, anche in questa circostanza, l’errore fu dei medici di Codogno, contro i quali Giuseppi puntò il dito, salvo scusarsi poco dopo.
Il problema di questo governo, guidato da un premier che non ha mai beccato una preferenza dagli abitanti del Belpaese, ragione per cui non possiede alcuna legittimazione popolare né quelle autorità ed autorevolezza (sostituite da autoritarismo) che derivano da un’investitura dal basso e fondamentali in qualsiasi regime democratico che si rispetti, è il filocinesismo spinto, di cui i grillini sono promotori.
Allorché furono interrotti i voli diretti dovemmo pure fare i conti con le ire di Pechino, che si lamentava per questa decisione. Erano i primi di febbraio. La Cina è sempre lì a fare pressione perché si faccia come piace a lei. E l’esecutivo si impegna a difenderla, a proteggerla, a salvaguardarla con la cura e la premura che essa tuttavia non ha avuto per noi né per il resto del mondo.
A prescindere dalla ipotesi che questo virus sia stato modificato in laboratorio o meno (ai posteri l’ardua sentenza), Pechino ha delle responsabilità innegabili ed evidentissime riguardo l’estensione della pestilenza. Ha negato, ha taciuto, ha nascosto verità di cui era consapevole. E l’epidemia è mutata in pandemia. Sussiste nel caso di specie quella cattiva fede che nel diritto trasforma un torto in un crimine.