Per anni l’Occidente ha associato il terrorismo islamico alle immagini delle torri che crollano, degli autobus sventrati, delle redazioni insanguinate. Detonazioni, grida, attentatori suicidi. Ma oggi, quei boati sembrano sempre più rari. È forse finita la stagione dell’odio? Tutt’altro. Semplicemente, è iniziata una nuova fase: più subdola, più efficace. Una trasformazione strategica del terrore. Dalla detonazione alla seduzione.

L’obiettivo non è più colpire il cuore dell’Occidente con esplosioni spettacolari. Il nuovo obiettivo è farlo implodere dall’interno, alimentare il caos, soffiare sul fuoco delle fratture sociali: razziali, culturali, religiose, identitarie.

Ed ecco allora il nuovo volto dell’attacco:

  • università occidentali invase da cortei pro-Hamas, dove la retorica vittimista maschera l’apologia del jihad;
  • campagne social virali che trasformano lo Stato islamico in un soggetto oppresso da difendere, ribaltando vittime e carnefici;
  • utilizzo del linguaggio dei diritti umani, del Black Lives Matter, della cancel culture, tutto strumentalizzato per legittimare l’odio antioccidentale;
  • influencer, attivisti, perfino cantanti che inneggiano all’Intifada come se fosse un movimento di liberazione e non una strategia di terrore;
  • finanziamenti sospetti e propaganda mascherata da informazione, che infiltrano associazioni e ONG.

Questa non è più guerra dichiarata. È penetrazione mimetica, è colonizzazione ideologica. È seduzione. E sta funzionando.

Gli ultimi grandi attentati restano episodi isolati, quasi di richiamo, mentre l’energia del fondamentalismo si riversa su altri fronti. I gruppi jihadisti osservano, studiano, si adattano, e lo fanno da sempre, sfruttando ogni situazione a proprio vantaggio. Ora non cercano più il martirio visibile, lo spargimento di sangue, l’atto dimostrativo che realizzi il maggior numero di morti, seminando la paura, ma cercano la conquista invisibile, quella delle menti, dei valori, del linguaggio.

E allora la vera domanda è: ci stiamo difendendo? Oppure, come i troiani con il cavallo poi condotto all’interno della città, stiamo accogliendo dentro le nostre mura ciò che ci distruggerà?

Non che il problema delle bombe confezionate in casa, in modo artigianale, seguendo istruzioni racimolate sul web non sussista più, ma ora a questo si aggiungono le micce accese nei cuori dei nostri giovani. Perché oggi il terrorismo si traveste da attivismo, parla il linguaggio dell’inclusività, fa leva sul senso di colpa dell’Occidente. E noi, per paura di essere giudicati “intolleranti” o “razzisti”, stiamo lasciando che il nostro sistema venga scardinato dall’interno.

Dalla detonazione alla seduzione. È così che si muove ora il nuovo terrorismo islamico. E noi, forse, abbiamo già perso la prima battaglia senza nemmeno accorgercene.

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