Incredibile ma vero. I siciliani non possono né entrare né uscire dalla Sicilia (Regione di fascia arancione), e neppure dal proprio Comune di residenza, se non per “comprovate esigenze” lavorative o di salute (o emergenze), devono compilare un’autocertificazione con tanto di generalità e specificati motivi dell’eventuale spostamento dalla propria abitazione. Invece i clandestini, provenienti soprattutto dalla Tunisia (Paese non in guerra e a cui nel giro di 5 mesi abbiamo elargito 61 milioni di euro), possono varcare con la forza e illegalmente le nostre frontiere e mettere piede sul suolo siculo senza esibire documenti, di cui si procurano di essere sprovvisti, e senza dovere rendere conto a chicchessia.

Dal primo al 6 novembre sono pervenuti in Italia, approdando in Sicilia, 2.749 migranti. Il solerte premier Giuseppe Conte si premura di tappare tra le mura domestiche gli abitanti dell’isola, allo scopo di tenerli al riparlo dal corona, tuttavia non spende neppure una parola e non adotta neanche un provvedimento nei confronti di coloro che all’arrembaggio giungono nel Bel Paese da zone altamente infette.

L’operazione dell’avvocato del popolo assomiglia a quella di chi con il secchiello tira fuori l’acqua da un gommone bucato. Va da sé che, a causa di questa condotta irrazionale, che lascia a bocca spalancata i cittadini italiani, il presidente del Consiglio risulta ben poco credibile. Né egli può richiedere e pretendere dagli italiani l’osservanza di limitazioni e divieti sempre più illogici e stringenti, quando Giuseppi stesso non fa una piega davanti agli incessanti sbarchi abusivi di immigrati, troppo spesso positivi al Covid-19, sbarchi che ormai toccano punte di mille arrivi al dì (martedì 3 novembre, 921).

Insomma, non è ammissibile che il popolo sovrano venga punito e multato allorché abbassa la mascherina per prendere una boccata di ossigeno o passeggia un po’ più distante dalla propria abitazione, né che a ristoratori, pasticceri, baristi, camerieri, estetisti, commessi, negozianti sia impedito di guadagnarsi il pane sgobbando onestamente, mentre i clandestini possono fare i loro porci comodi in patria nostra.

La prima misura indispensabile che dovrebbe assumere una Nazione alle prese con una pandemia è la sigillatura dei confini, come prevedono altresì i protocolli dell’Oms. Ma il governo giallorosso tiene aperte le frontiere esterne, che sono un colabrodo, e alza quelle regionali. Dunque, in Italia può accedere chiunque in qualsiasi momento, tuttavia agli italiani non è consentito neanche spostarsi dalla Sicilia alla Calabria o dalla Calabria alla Puglia o dalla Puglia alla Campania, e nemmeno da Palermo a Catania, o da Reggio Calabria a Catanzaro, o da Milano a Brescia.

Inevitabile porre questa domanda, a cui il primo ministro deve rispondere: se siamo in stato di emergenza e stiamo combattendo strenuamente contro la seconda ondata di coronavirus, tanto da essere disposti a produrre ingenti (irreparabili) danni economici pur di arginare l’epidemia, per quale dannata ragione non proclamiamo la chiusura dei porti e il respingimento immediato di qualsiasi soggetto osi oltrepassare il limite delle nostre acque territoriali?

Lo Stato deve garantire la legalità reprimendo (e non favorendo, come di fatto sta facendo) l’immigrazione clandestina, soprattutto in piena epidemia. Se esso non assicura il rispetto della legge, gode purtroppo di poca credibilità nel chiederlo.

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