Non ho ancora commentato l’arresto di Matteo Messina Denaro, se non con un fugace tweet. Anche stamattina i quotidiani aprono con questa notizia e ritengo che sia giusto approfondire e pure celebrare questo importante risultato dello Stato, dei suoi apparati, delle sue forze armate, ossia di uomini e donne di altissimo valore i quali ogni giorno, a tutte le ore, senza tregua, in divisa e non, si battono per garantire ordine, legalità e sicurezza, mettendo a rischio la loro vita. Ed è necessario festeggiare perché, sebbene non scardini affatto la mafia, cosa di cui tanti, i quali non capiscono nulla di mafia, si illudono, tale risultato di sicuro rappresenta un colpo all’organizzazione mafiosa siciliana.

Ritengo che alcuni elementi non siano stati ancora evidenziati da giornalisti e commentatori vari e talvolta improvvisati. Questa vicenda ci ha mostrato due aspetti, uno vecchio e uno nuovo, ossia sorprendentemente inedito. Che la mafia avesse un profondo legame con il territorio, ossia che fosse territorializzata, lo sapevamo, quantunque i suoi traffici negli ultimi decenni abbiano assunto proporzioni sempre più transnazionali.

Badiamo bene: sono state le attività a svincolarsi dal territorio, per raggiungere mercati più redditizi e ottenere quindi profitti maggiori, tuttavia gli uomini dell’anti-Stato sono rimasti ancorati alla terra di origine. La mafia è tradizionalista. Non si allontana dal territorio, sua centrale operativa, territorio verso il quale pure le famiglie criminali emigrate nutrono un legame profondamente affettivo, di devozione quasi religiosa, morbosa.

Anche per Matteo Messina Denaro il territorio riveste questa valenza, tanto che veniva ricercato altrove, in tutto il mondo, invece egli era a due passi dalla casa dove è nato e cresciuto, dove dimora sua madre stessa.

Perché il mafioso non si distacca dal territorio? Semplice. Non si tratta solo di un vincolo affettivo, come ho specificato. Il territorio è fonte di sicurezza per il mafioso, lontano dal territorio egli si sente debole e di fatto lo diventa. Oltre a ciò “distaccarsi” è per i mafiosi l’equivalente del tradire, del rinnegare la propria origine, la propria famiglia, il proprio clan. Per questi motivi era scontato che il boss appena catturato si trovasse nei suoi luoghi natali.

E poi c’è il secondo aspetto, quello curioso, quello che ho definito “inedito”, che impressiona anche me che la mafia l’ho studiata a fondo, l’ho vista, sentita, subita, annusata nell’aria, e ne ho fatto argomento della mia tesi di laurea quasi due decenni fa. I superlatitanti mafiosi erano per noi uomini che vivono nascosti, in bunker sotterranei, asfittici, soffocanti, pronti sempre a scappare, costretti a rimanere nelle tenebre, mai sotto la luce del sole, i quali comunicavano al massimo con i “pizzini”.

Invece Matteo Messina Denaro, il quale, nonostante la sua flemma quasi rassegnata, incarna il disprezzo totale della legge, si faceva i selfie e li pubblicava, usando quella che è la sua faccia, non modificata né dalla chirurgia plastica né dai filtri. Chattava, forniva il suo numero a chiunque, andava al bar, in ospedale (rigorosamente pubblico), al supermercato, a fare shopping, chiedeva alle amiche se le avrebbe viste più tardi in reparto, conversava del più e del meno con chiunque come qualsiasi cittadino perfettamente integrato nella sua propria comunità.

Ecco, questo è un fatto senza precedenti. Un fatto pure fortemente preoccupante, che indica una totale sicurezza, quella della propria impunità, quindi anche di essere molto protetto, di godere di complicità ad ogni livello. Poiché Matteo Messina Denaro non è un pazzo, tutt’altro. È un uomo freddo e cerebrale, calcolatore e iper-razionale, che nulla lascia al caso e che non correrebbe rischi. Non è per leggerezza che campa alla luce del sole. No, è perché sa bene che può farlo.

Lo abbiamo catturato solamente perché qualcuno lo ha tradito e qualcuno lo ha tradito solamente perché egli non era più utile, perché occorreva liberarsene.

Quindi no. Proprio no. La mafia non è meno forte di ieri. La mafia non è morta. Né moribonda. Queste sono balle che non hanno fatto altro che rafforzare la criminalità organizzata, che ha bisogno di essere negata. La verità è un’altra. La mafia c’è ancora. E il cammino per batterla è tutto in salita.

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