Articolo pubblicato su Libero il 20 marzo scorso. Il governo giallorosso deve renderci conto perché non abbia predisposto piani efficaci per evitare o affrontare adeguatamente questa seconda ondata. L’esecutivo ha chiuso tutto di nuovo, danneggiando un tessuto economico e produttivo incapace di reggere un altro lockdown, poiché mancano posti letto e molti ospedali sono sotto stress. Non avremmo dovuto ritrovarci in queste condizioni. I ministri in questi mesi si sono occupati soltanto di monopattini, banchi dinamici e smantellamento dei decreti sicurezza. E questi sono i frutti.

Buona lettura.

Non è sufficiente chiudersi in casa per sconfiggere il coronavirus. Occorre pure sigillare le frontiere e mantenerle serrate a lungo, almeno finché anche gli altri Stati che compongono il sistema internazionale non avranno combattuto e vinto questa maledetta guerra contro il Covid-19. Infatti, basta abbassare un momento la guardia che il virus ricomincia ad azzannare.

Ce lo dimostra ciò che sta accadendo negli ultimi giorni in Asia, dove il numero di contagiati, dopo avere toccato quasi lo zero, sta di nuovo lievitando, sebbene alcuni giornali ieri recassero titoli fuorvianti: “Cina batte pandemia”, “Nessun nuovo caso in Cina”, “Zero contagi dopo tre mesi di blocco”. In realtà, stanno aumentando i contagiati arrivati da altri Paesi.

La seconda ondata di infezioni ha infranto le speranze della popolazione asiatica, sia cinese che della Corea del Sud, che l’epidemia fosse ormai del tutto spenta e di essere fuori pericolo, mostrando altresì i limiti della strategia del distanziamento sociale e del blocco dei cittadini adottata dalla Cina e pure dall’Italia. I nuovi casi sono tutti importati, ossia provengono dall’estero, dalle aree in cui il Covid-19 si è manifestato con virulenza da fine febbraio, dunque soprattutto dall’Europa.

Se fino a due settimane fa i casi di infetti importati erano scarsissimi, stando ai dati del governo cinese, oggi sono più che triplicati. Del resto, ciò sarebbe stato quasi inevitabile, visto che dall’11 marzo, data in cui l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia, in Cina sono entrate 120 mila persone al giorno. Tutti individui che sono stati costretti alla quarantena, ma evidentemente ciò non azzera il rischio di diffusione del virus.

Ben Cowling, professore di epidemiologia all’Università di Hong Kong ha dichiarato al Financial Times che “ciò che molte persone non hanno riconosciuto è che quello raggiunto era solo un successo temporaneo e non permanente”. “Ora ci tocca contenere il numero crescente di infezioni importate dall’Europa; in futuro, invece, il coronavirus potrebbe arrivare da altre parti del mondo”, ha aggiunto il docente mettendo in guardia il resto del pianeta nei confronti di un nemico che sembra imbattibile.

Non ha sottovalutato del tutto il rischio di una seconda ondata di contagi Taiwan, che ha chiuso le porte agli stranieri, accettando soltanto il rientro dei propri cittadini, i quali vengono sottoposti a quarantene molto rigide. Ecco perché proprio Taiwan ha registrato il più basso tasso di crescita di nuovi infetti della regione. Tuttavia, nelle ultime due settimane persino lì ci sono state oltre 30 infezioni importate, a cui mercoledì si sono sommati 23 nuovi contagi, di cui 21 provenienti dall’estero. A Hong Kong, invece, sono passati da 116 casi il 9 marzo a 182 il 18 marzo, quasi tutti soggetti provenienti dall’estero.

Insomma, l’unica ricetta capace condurci fuori da questo labirinto prevede la muratura dei confini e non per due o tre mesi, bensì per un lasso di tempo molto più esteso, tale da assicurarci non solo che noi siamo guariti e abbiamo superato persino la convalescenza, ma anche che tutti gli altri Stati ne siano fuori da un bel pezzo.

Non sappiamo quando potremo lasciare casa e precipitarci in vacanza, però non vi è dubbio che questa estate, o in spiaggia o sul balcone, la trascorreremo in Italia.

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